Leva obbligatoria anche per le donne? Cresce il consenso, ma il Parlamento frena

Tra richiami alla parità di genere, timori per il mercato del lavoro e proposte di riforma del servizio civile: la proposta spacca in due l'opinione pubblica
BERNA - Estendere la leva militare alle donne. Un'opzione che sta guadagnando sempre più consensi tra la popolazione svizzera. Per lo meno, stando a quanto emerge dallo studio diffuso ieri sulla sicurezza condotto dall'Accademia militare e dal Center for Security Studies (CSS) del Politecnico Federale di Zurigo. Stando ai dati diffusi, il 57% degli uomini si dichiara favorevole all’introduzione della leva femminile, con particolare sostegno nella Svizzera tedesca e tra gli elettori dei partiti di destra. Alla luce dell’attuale contesto geopolitico, i risultati non sorprendono gli addetti ai lavori. Tuttavia, all’interno del Parlamento federale la proposta incontra forti resistenze.
Diritti prima dei doveri: le riserve del Centro e della sinistra - La consigliera nazionale Nicole Barandun (Centro) esprime comprensione per la contrarietà manifestata da molte donne nello studio: per le giovani, la leva obbligatoria potrebbe rappresentare un doppio svantaggio nel mondo del lavoro: prima l’assenza per il servizio militare, poi quella per la maternità. Tuttavia, riconosce che l’esperienza militare può offrire opportunità importanti, come l’accesso precoce a ruoli di leadership. In quest’ottica, giudica positivo che la giornata di orientamento militare diventi obbligatoria anche per le ragazze.
La socialista Priska Seiler-Graf è ancora più netta: «Prima i diritti, poi i doveri». A suo avviso, non si può parlare seriamente di leva obbligatoria per le donne finché non sarà raggiunta una reale parità di genere in Svizzera. Cita la Norvegia come esempio virtuoso: primo paese europeo a introdurre la leva femminile, ma molto più avanzato in termini di uguaglianza.
La posizione dell'UDC: tra critiche e proposte alternative - Anche a destra, nel campo dell’UDC, il tema divide. Walter Gartmann sottolinea l’urgenza di rafforzare l’esercito, ma rifiuta l’idea della leva femminile. Propone invece una riforma del servizio civile: «Soltanto le donne dovrebbero poterlo svolgere, mentre gli uomini dovrebbero tornare a servire esclusivamente nell’esercito o nella protezione civile». A suo avviso, tra i giovani uomini manca la motivazione a servire la patria.
Di parere opposto è Barbara Steinemann, anche lei dell’UDC, favorevole a una leva obbligatoria anche per le donne, che considera una misura coerente con la parità. Tuttavia, osserva che già oggi il servizio militare maschile è «di fatto volontario», poiché molti riescono facilmente a ottenere l’esenzione con motivazioni deboli. Un fenomeno che attribuisce al progressivo degrado dell’esercito e alla mancanza di minacce concrete negli ultimi anni.
Il collega Werner Salzmann, invece, è fermamente contrario: «Ancora una volta si scarica il problema sulle donne», afferma. «Già oggi si fanno carico della gravidanza, dell’allattamento, della carriera professionale… e ora anche del servizio militare? Sarebbe un carico insostenibile».
Le associazioni militari: «Sì, ma con gradualità» - Heinz Theiler (PLR), pur dichiarandosi attualmente favorevole alla volontarietà, riconosce la necessità di rafforzare la partecipazione femminile. Tuttavia, mette in guardia da un passaggio troppo brusco all’obbligatorietà, auspicando una fase intermedia.
Sulla stessa linea Stefan Holenstein, presidente della Federazione delle Società Militari Svizzere (VMG), che sostiene l’introduzione graduale di un obbligo di servizio generale. Per lui, servono più donne nell’esercito, specialmente in un contesto internazionale sempre più instabile. A suo avviso, il primo passo dovrebbe essere l’introduzione di un obbligo di partecipazione alla giornata di orientamento anche per le donne.





