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SVIZZERAQuegli spinosi miliardi degli oligarchi con i quali non si sa bene che fare

22.05.22 - 11:33
In Svizzera sono 6 (ma c'è chi dice che siano molti, molti di più) e per la legge elvetica non si possono toccare
keystone-sda.ch (Leon Lord)
Quegli spinosi miliardi degli oligarchi con i quali non si sa bene che fare
In Svizzera sono 6 (ma c'è chi dice che siano molti, molti di più) e per la legge elvetica non si possono toccare
La proposta del PS in linea con Europa e Usa: «Usiamoli per la ricostruzione dell'Ucraina», ma è più facile a dirsi che a farsi.

BERNA - Ufficialmente si parla di beni e fondi confiscati per un totale di poco più di 6 miliardi, ma stando a esperti e analisti potrebbe essere veramente solo la punta dell'iceberg.

Stiamo parlando dei beni degli oligarchi russi messi sotto sequestro in Svizzera - in linea con le sanzioni volute dall'Unione Europea - e che stando alla Seco si aggirerebbero, franco più franco meno, attorno ai 6,3 miliardi di franchi (dati aggiornati al 12 maggio).

Come riporta il portale d'informazione svizzero-tedesco Watson, la sensazione diffusa è che le élite russe vicine a Putin abbiamo stipato nella Confederazione - fra immobili, conti bancari e titoli - una cifra sensibilmente più alta e forse anche con un paio di zeri in più: ovvero all'incirca 200 miliardi di franchi. 

La grande sfida non è solo quella di capire dove siano nascosti (e pure come metterli sotto sequestro) ma anche cosa farsene. Uno dei piani ventilati tanto dall'Unione Europea quanto da Stati Uniti e alcuni membri della Nato vorrebbe che i beni sequestrati venissero utilizzati per la ricostruzione dell'Ucraina.

Una richiesta del genere era stata portata all'attenzione di Berna anche dal Partito Socialista che aveva trovato (almeno vocalmente) il supporto anche di altre forze politiche borghesi, tra le quali il PLR, e le Ong impegnate in ambito umanitario. 

A frenare questa possibilità è però la legge svizzera, questa al momento non permette un simile utilizzo di beni confiscati a terzi. L'unica possibilità, al momento, è quella o di mantenerli congelati a tempo indeterminato o restituirli alle casse del governo d'appartenenza. In questo caso, la Russia (che sarebbe un po' un boomerang). 

In questo senso sarebbe necessario creare una nuova base giuridica e non toccherebbe solo alla Svizzera, ma anche a diversi stati dell'Unione Europea così come negli Stati Uniti. Il motivo è legato al diritto internazionale, che di base concede la confisca ma non l'esproprio.

Nel caso della Russia si sono "saltati" diversi step giuridici che normalmente vengono presi in considerazione: ovvero la certezza che le persone a cui sono stati confiscati siano direttamente coinvolte nelle attività belliche. Insomma, e non ci fossero di mezzo le sanzioni, è molto probabile che tanti oligarchi potrebbero riavere in dietro i loro beni se impugnassero la questione davanti a un giudice.

La stessa cosa vale per i 350 miliardi della Banca centrale russa, congelati tutto in tutto il mondo. «È comunque proprietà statale, solitamente questo tipo di fondi sono solitamente sotto la tutela del diritto internazionale», ha confermato alla NZZ il professore di diritto europeo dell'Università di Innsbruck Andreas Müller, «i principi basilari dovrebbero valere sempre anche a fronte di situazioni eccezionali». Quindi anche nel caso di Mosca, indipendentemente dalle sue violazioni.

Anche dopo aver creato una base giuridica, le cose non si semplificherebbero affatto. La prima domanda, infatti, sarebbe del tipo: «Ok, abbiamo sbloccato i fondi, e ora come li spendiamo?». E il "come" è solo una parte di un insieme d'interrogativi che comprende il "quando" - perché al momento è ancora poco chiaro quando sarà possibile farlo - e "per cosa" - vista l'estensione dei danni riportata così come il "con chi", vista l'assenza totale di partner sul territorio e il forte rischio di corruzione che da sempre attanaglia l'Ucraina.

 

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