Per le associazioni che difendono i disoccupati ultracinquantenni le misure proposte dal Consiglio federale non sono affatto incisive
BERNA - Dal 2015 il Consiglio federale organizza ogni anno una conferenza nazionale sul tema dei «lavoratori in età avanzata» che riunisce rappresentanti della Confederazione, dei Cantoni e delle parti sociali. Per le associazioni che difendono i disoccupati ultracinquantenni le misure proposte non sono affatto incisive.
La quarta conferenza nazionale, che si è tenuta il 26 aprile, era incentrata sulla formazione continua. Nella dichiarazione finale si precisa che «pianificare la propria carriera e aggiornarsi sono compiti che spettano principalmente alle singole persone». I datori di lavoro, le associazioni di categoria, i Cantoni e la Confederazione però devono contribuire garantendo «un accesso paritario alle formazioni continue e alle offerte di consulenza e incentivare le persone a rimanere il più a lungo possibile nel mercato del lavoro».
«Sono anni che ci parlano di formazione. In realtà le persone che si rivolgono a noi, alcuni anche dal Ticino, lavoravano in uffici e banche e hanno una formazione solida», precisa Luigi Miriello di 50etplus. Una constatazione che condivide anche la Conferenza svizzera delle istituzioni dell'azione sociale (COSAS). «È sorprendente constatare che i beneficiari dell'assistenza sociale "anziani" possiedono un livello di formazione più elevato rispetto alle fasce di età più giovani», si legge nel documento "Alternative all'assistenza sociale per le persone di più di 55 anni".
50etplus e Avenir 50plus quest'anno hanno deciso di boicottare l'incontro preparatorio della quarta conferenza in segno di protesta. «All'inizio abbiamo riposto grandi speranze nel dialogo con la Segreteria di Stato all'economia e con il consigliere federale Johann Schneider-Ammann, ma ormai siamo stufi: vogliamo fatti, non chiacchiere», spiega Miriello. «Le aziende che discriminano e licenziano gli over 50 scaricano costi enormi sulla collettività, ma nessuno vuole imporre loro regole più vincolanti. In Francia, ad esempio, le grandi imprese sono obbligate ad avere un tasso minimo di ultracinquantenni fra i dipendenti».
La Segreteria di Stato all'economia, nel suo documento preparato alla conferenza, sottolinea che molte persone fra il 50 e i 64 anni che hanno esaurito le indennità di disoccupazione diventano "inattive", cioè smettono di cercare un impiego. Di questi il 26% sceglie un prepensionamento, un altro 16% il pensionamento. «Ma è veramente una scelta cosciente o è obbligata?», si chiede Miriello. Molte aziende, invece del licenziamento, impongo ai dipendenti "anziani" riduzioni del tasso di occupazione e affidando nuovi incarichi meno interessati. Molti quindi vengono "spinti" al prepensionamento, secondo le associazioni.
Non è un caso che nell'ultimo "Barometro delle 10 principali preoccupazioni degli svizzeri", stilato annualmente dal Credit Suisse, al primo posto a pari merito si piazzino la "disoccupazione" e la "previdenza vecchiaia" fa notare Pierre Bayerdörfer del comitato direttivo di Workfair 50+. «Queste sono le apprensioni dei baby boomer, che prima vivono nell'angoscia di essere licenziati, poi di in quella di dover consumare tutta la loro previdenza vecchiaia» in attesa di arrivare all'età di pensionamento.
Le cifre in dettaglio:
Dopo i 50 anni il rischio di essere licenziati non aumenta. Se si perde il lavoro a quell'età però è molto difficile trovare un altro impiego e la permanenza in disoccupazione si allunga, stando alle cifre pubblicate dalle Segreteria di stato dell'economia (SECO) nel rapporto preparatorio alla quarta conferenza nazionale sui disoccupati "anziani".
Il tasso di disoccupati ultracinquantenni iscritti agli Ufficio regionali di collocamento è tradizionalmente più basso della media. Nel 2017 era del 2,8% contro il 3,3% in generale. Dopo l'introduzione delle revisione della Legge sull'assicurazione contro la disoccupazione, nel 2011, molte persone hanno perso il diritto alle indennità e hanno dovuto rivolgersi all'assistenza. L'aumento dei disoccupati che hanno fatto ricorso all'aiuto sociale dal 2011 al 2016 è stato del 33% in generale, mentre per gli ultracinquantenni del 50,3%.
Utilizzando le statistiche in base ai criteri dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), come suggerito nel documento della SECO, le costatazioni rimangono invariate: il tasso di disoccupazione dai 50 ai 64 anni è più basso rispetto alla media (3,9% contro 4,8% nel 2017), il numero di senza lavoro in questa fascia di età però aumenta più velocemente: +39% fra il 2010 e il 2017, contro +10% in media.
Il tasso di licenziamenti fra i 55 e i 64 anni è pari a quello delle fascia di età 15-24 anni e quello dei 40-54 anni è identico a quello dei 25-39 anni, secondo i calcoli della SECO. Aumenta invece il rischio di esaurire il periodo di indennità senza aver ritrovato un lavoro e la percentuale di ultracinquantenni in disoccupazione da oltre un anno è più elevata rispetto alla media: 54% contro 37%.
Per quanto riguarda la sottoccupazione, cioè le persone con un impiego a tempo parziale che vorrebbero aumentare la percentuale lavorativa senza riuscirci, il tasso risulta più elevato per i 50-64 anni: 8,1% contro 7,3% in generale nel 2017. Il numero dei sottoccupati di questa età è aumentato in maniera esponenziale, +72% contro +33% globalmente.