Il plank ti mette le ali (se lo tratti bene)

"La F1 è esattamente come la vita: puoi pianificare tutto, fare simulazioni, analizzare dati… e poi arriva una variabile minuscola che manda all’aria i piani"
Il prossimo GP del Qatar potrebbe essere un match point per Lando… oppure l’ennesimo capitolo imprevedibile di questa stagione pazza.
"La F1 è esattamente come la vita: puoi pianificare tutto, fare simulazioni, analizzare dati… e poi arriva una variabile minuscola che manda all’aria i piani"
Il prossimo GP del Qatar potrebbe essere un match point per Lando… oppure l’ennesimo capitolo imprevedibile di questa stagione pazza.
LAS VEGAS - Parto da una scena che a Monza ha fatto sorridere molti: un tifoso ferrarista che supplica Andrea Stella, “Mi raccomando, andate piano”. La risposta del team principal McLaren? Una stilettata gentilissima: “Caro mio, siamo qui per vincere”.
Ecco… da quel giorno, per McLaren, la ruota ha iniziato a girare dall’altra parte. E a Las Vegas ha toccato il picco.
Non farò la cronaca della gara - quella si conosce meglio del TG delle 20 - ma voglio soffermarmi su un dettaglio che quasi nessuno ha evidenziato: perché il consumo eccessivo del plank è così pericoloso (plank che, spoiler, non è nemmeno di legno: è materiale composito, mica IKEA)?
Perché il plank è un problema serio?
Prima cosa da ricordare: tutte le monoposto vengono controllate dopo la gara. Dunque, sì: le teorie del complotto possono essere archiviate come i calzini spaiati, che tornano fuori solo per far rumore.
Il punto è un altro: una monoposto troppo bassa può diventare un’arma contro se stessa. Un plank consumato oltre il limite significa: minor stabilità nelle curve veloci, colpi violentissimi sul fondo, rischio di danni strutturali, pericolo concreto per il pilota. In pratica, il plank è come quella suocera inflessibile: se non la rispetti, finisce male. Ecco perché via radio hanno implorato Lando di rallentare.
“Ma come è possibile, con tutti quegli ingegneri?”
Bella domanda. La F1 è esattamente come la vita: puoi pianificare tutto, fare simulazioni, analizzare dati… e poi arriva una variabile minuscola che manda all’aria i piani. Per fortuna sono casi rari: normalmente, tra software e prove in pista, fila tutto liscio come l’asfalto di Yas Marina.
Un po’ di storia: perché esiste il plank?
Il plank è stato introdotto nel 1994, dopo l’incidente di Ayrton Senna, come misura di sicurezza. È diventato obbligatorio dal GP di Germania 1994. Serve a una cosa semplice ma vitale: impedire che le auto scendano troppo vicino all’asfalto, riducendo rischi enormi.
Come viene controllato?
Dopo la gara, il plank passa un esame degno dell’Oreficeria Tiffany: spessore iniziale: 10 millimetri. Usura massima consentita: 1 millimetro. La FIA lo misura con strumenti certificati in punti precisi, soprattutto: nella zona centrale, in corrispondenza degli skid in titanio. Niente valutazioni “a occhio”: è un protocollo rigidissimo.
La morale
Il prossimo GP del Qatar potrebbe essere un match point per Lando… oppure l’ennesimo capitolo imprevedibile di questa stagione pazza.
Noi, intanto, ci prepariamo al weekend come sempre: divano pronto, adrenalina alta e piedone sul gas. Sempre e comunque.
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