La Bulgaria adotta l'euro. Ma c'è scetticismo

La nazione balcanica dice addio al lev e adotta l’euro fra timori di rialzi dei prezzi e tensioni politiche interne.
La nazione balcanica dice addio al lev e adotta l’euro fra timori di rialzi dei prezzi e tensioni politiche interne.
SOFIA - Le immagini sulle monete rimarranno le stesse: una scultura rupestre, il santo patrono, un frate-patriota. Quello che cambierà sarà la valuta e anche la vita quotidiana della Bulgaria, che dal primo gennaio saluterà il vecchio lev per passare all'euro.
Una mossa decisiva per sostenere l'economia - e anche uno 'scudo' anti-russo - secondo i sostenitori, tra cui i governi che negli anni hanno spinto per l'adesione. Un disastro che farà schizzare i prezzi per tanti bulgari, soprattutto quelli che vivono nelle aree rurali più povere del paese più povero dell'Unione Europea. Lì, cioè, dove l'estrema destra sta da tempo cavalcando, se non proprio alimentando, dubbi e proteste.
Tre giorni ancora, dunque, e Sofia sarà la ventunesima capitale europea dove un caffè si paga con la moneta unica, introdotta per la prima volta in 12 stati in una ormai remota mattina di Capodanno del 2002. L'ultimo paese a entrare nel club era stato nel 2023 la Croazia, che dal 2020 sedeva con la Bulgaria nella cosiddetta 'sala d'attesa' dell'Eurozona. Ma già da tempo - a seguito dell'iperinflazione degli anni '90 - Sofia aveva agganciato il lev prima al marco tedesco, e poi direttamente all'euro dipendendo così già di fatto dalla Bce.
Ora però, ha commentato alla France Presse l'economista bulgaro Georgi Angelov, il paese potrà «partecipare al processo decisionale all'interno dell'unione monetaria». La presidente della Bce Christine Lagarde, solo il mese scorso, aveva sottolineato i vantaggi dell'euro per la Bulgaria: «Commerci più fluidi, minori costi di finanziamento, prezzi più stabili», spiegava, con risparmi di circa 500 milioni di euro l'anno in commissioni di cambio per le imprese e un impulso sostanziale per il turismo, un settore che da solo vale l'8% del Pil bulgaro. Gli aumenti dei prezzi al consumo, sempre secondo Lagarde, saranno modesti - in genere tra lo 0,2 e lo 0,4% - e comunque dureranno poco.
Certo è che i bulgari sono a dir poco scettici: secondo Eurobarometro quasi la metà (il 49%) si sarebbe volentieri tenuto in tasca il lev, che già di mese in mese sembrava a sua volta assottigliarsi. Stando all'Istat locale, lo scorso novembre lo scontrino del supermercato si è appesantito del 5% rispetto all'anno precedente. L'inflazione, insomma, si fa sentire a fronte di uno stipendio medio che, ricorda il Guardian, supera di poco i 1200 euro. Tanto da spingere il parlamento di Sofia a varare quest'anno degli organi di controllo autorizzati a indagare sugli aumenti e anche a vigilare sulle temute quanto ingiustificate impennate da moneta unica.
Strategie per rendere più accettabile un passaggio che ha anche, allargando lo sguardo, un significato geopolitico chiaro: l'euro avvicina all'Occidente e allontana da Mosca. Ed è qui che entra in gioco l'estrema destra filorussa, che non solo ha spalleggiato le proteste dei no-euro ma potrebbe anche, sostengono gli osservatori bulgari, approfittare in senso antieuropeista di qualunque intoppo nell'adozione della moneta unica, specie nella sua prima fase. Potenzialmente, uno scenario di instabilità ulteriore in un Paese che, sull'onda di una campagna anticorruzione che ha appena spazzato il governo conservatore, si trova sull'orlo delle ottave elezioni in cinque anni. Solo lo scorso giugno, quando la Commissione Europea ha dato il via libera, è stata bagarre fuori e dentro il parlamento, con i deputati del partito 'Revival' di estrema destra che hanno bloccato il podio ed è finita a spintoni. «La sfida - riflette l'economista Angelov - sarà avere un governo stabile per almeno uno o due anni, in modo da poter cogliere appieno i benefici dell'adesione all'Eurozona».




