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Iraq: figlia primogenita Saddam vuole succedere al padre

Iraq: figlia primogenita Saddam vuole succedere al padre
PARIGI - Raghad, la figlia primogenita di Saddam, si candida per succedere al padre nella guida dell'Iraq: "Sono la sua erede. Devo prendere il suo posto", dice in un'intervista al settimanale francese 'Vsd'. Non le importa che il genitore le ab...

PARIGI - Raghad, la figlia primogenita di Saddam, si candida per succedere al padre nella guida dell'Iraq: "Sono la sua erede. Devo prendere il suo posto", dice in un'intervista al settimanale francese 'Vsd'.

Non le importa che il genitore le abbia ammazzato il marito: "Mi sono messa in politica. Non parlerò quindi - sottolinea - della mia vita privata. Sono figlia di Saddam Hussein, i mie figli sono i suoi nipoti. Gli occidentali senz'altro non capiscono ma ho degli obblighi. Porto il cognome di Hussein e lo difendo. Dopo la morte dei mie fratelli è mio dovere farlo".

Rifugiata ad Amman in Giordania, la rampolla dell'ex dittatore afferma che ha il sostegno di molti esuli iracheni: "Vengono a incontrarmi per dirmi che soltanto adesso si rendono conto di tutto quanto ha fatto mio padre per l'Iraq. In queste condizioni nessuno può rinunciare ad una carriera politica".

Al giornalista di 'Vsd' che le ricorda come suo padre non abbia certo all'attivo soltanto cose buone Raghad risponde prontamento che nemmeno gli americani si sono comportati in modo corretto nella prigione di Abu Ghraib.

Insistendo sul tasto che l'Iraq è "vittima di un'aggressione americana", la figlia primogenita di Saddam approfitta dell'intervista per lanciare un appello all'Occidente: "Che mi si aiuti a ottenere un processo giusto ed equo per mio padre, basato sul rispetto della legge e dei diritti umani. Se lo merita. È un brav'uomo".

Nata nel 1968, vedova dal 1996 quando il padre fece eliminare suo marito Kamel dopo una misteriosa fuga all'estero e un altrettanto misterioso rientro in patria, Raghad vive nel lusso di una villa di Amman messa a disposizione dal governo giordano.

Ha cinque figli e sta cercando in tutti i modi di poter far visita al padre detenuto a Baghdad: "È mio padre e - non si stanca di ripetere - gli voglio bene. Ho visto le immagini della sua prima apparizioni davanti al tribunale di Baghdad. Non aveva una bella faccia, sembrava malato e indebolito. Cerchiamo invano di ottenere informazioni dalla Croce Rossa. Niente. Non sappiamo nulla. Abbiamo saputo che mi ha scritto tre lettere ma non le ho mai ricevute".

Per assicurare al genitore una migliore difesa Raghad sta cercando un avvocato negli Stati Uniti ma mette le mani avanti: non è interessata a ingaggiare un legale di origine ebraica. "Gli Hussein - taglia corto - non possono essere in affari con degli ebrei".

ATS
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