Umberto Agnelli: il mastino dalla faccia d'angelo
TORINO - Time lo ha definito "un mastino dalla faccia d'angelo", Le Monde "il piccolo fratello diventato grande". Ultimo dei sette figli di Edoardo Agnelli e Virginia Bourbon del Monte, Umberto Agnelli nasce a Losanna il primo novembre del 1934. Quando il padre muore, ha solo un anno e ne ha undici quando perde anche la mamma: il fratello Gianni, che ne ha tredici più di lui ed è il capofamiglia designato, gli fa un pò anche da padre.
Laureatosi in Legge, ha il primo incarico di responsabilità a 22 anni: la presidenza della Juventus. È il terzo degli Agnelli a guidare la squadra, dopo il padre e l'Avvocato. Due anni dopo, nel 1959, viene eletto presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio. Umberto ha 25 anni e "il calcio italiano - osservano i cronisti - non aveva mai avuto un presidente così giovane".
Pochi mesi prima, il 15 giugno 1959, nella cappella della tenuta Piaggio a Veramista, vicino a Pontedera, aveva sposato Antonella Bechi Piaggio, della famiglia che ha inventato la Vespa. Dal matrimonio nasce Giovanni Alberto: giovane, bello, lavoratore, si porta dietro la sfortuna degli Agnelli e, quando è già stato designato successore dell'Avvocato, a soli 33 anni, viene colpito da una rarissima forma di tumore e muore nel giro di pochi mesi, a dicembre del 1997.
Nel 1962 Umberto Agnelli viene nominato presidente della Sai, la compagnia assicuratrice del gruppo e tre anni dopo assume la guida della Fiat France, dove trasforma l'enorme deficit trovato nel 1964 in un bilancio con un attivo di circa sette milioni di dollari. A Parigi, dove rimane fino al '70, riceve anche la Legion d'Onore e dirige la Simca Industrie, fabbrica di trattori e veicoli industriali.
Dal gennaio del '68 si affianca nella conduzione della Fiat al fratello Gianni che, il 30 aprile 1966, aveva ricevuto i pieni poteri da Vittorio Valletta. Si trasferisce a Torino per seguire gli Affari Internazionali del gruppo. Nel 1970 diventa amministratore delegato della Fiat ed è anche presidente della Lancia, della Sava e della Piaggio. Sono gli anni della riorganizzazione totale della Fiat che sanziona definitivamente il congedo dalla vecchia dirigenza e l'avvio di nuovi metodi di gestione. Per preparare i manager alla nuova mentalità, crea l'Isvor, l'Istituto per lo sviluppo organizzativo che ha ancora oggi sede a Marentino, sulla collina torinese.
Nel febbraio 1974, dopo aver divorziato da Antonella Piaggio, sposa in segreto, a Villar Perosa, Allegra Caracciolo di Castagneto, cugina di Marella, la moglie di Gianni. Da questo secondo matrimonio nascono Andrea e Anna.
Per la Fiat è un periodo difficile e agli inizi del '74 a Torino viene chiamato Cesare Romiti, che assume la direzione amministrativa e finanziaria. A marzo del '76 viene cooptato nel vertice della casa torinese Carlo De Benedetti. Sono gli anni in cui la Dc è in crisi e il Pci in ripresa, il terrorismo è ancora forte e le fabbriche sono ingovernabili. Si cerca di convincere gli Agnelli a scendere in politica e, dopo il rifiuto dell'Avvocato, Umberto accetta di impegnarsi in prima persona e si candida al Senato per la Dc. Rimarrà a Palazzo Madama fino al '79. Intanto c'è il divorzio con De Benedetti, che gli Agnelli sospettano di voler scalare la Fiat. Nel '79 la guida del settore Auto viene affidata a Vittorio Ghidella, dal primo agosto 1980 la responsabilità operativa della Fiat passa nella mani di Cesare Romiti e Umberto diventa vicepresidente.
Il 18 dicembre 1987 l'Avvocato annuncia, davanti a 150 manager, che il suo erede sarebbe stato il fratello Umberto e Ghidella il successore di Romiti. Ma nel 1988 l'ingegnere vercellese, padre della 'Unò e della 'Tipò, in contrasto con Romiti, lascia la Fiat. Umberto rimane vicepresidente fino al settembre del '93, quando Mediobanca mette a punto il piano di ricapitalizzazione e di riassetto del gruppo ottenendo in cambio che sia Romiti e non lui a succedere all' Avvocato alla presidenza.
Assume allora la responsabilità operativa di Ifi e di Ifil, impegnandosi a potenziarle. L'Ifil, grazie a Umberto, diventa una grande holding di partecipazioni, con un'ampia espansione internazionale. Attraverso l'Ifi trasforma la Juventus in una moderna società quotata con importanti progetti di investimento. Intanto gestisce vaste relazioni internazionali: è presidente dell'associazione dei costruttori europei di auto (l'Acea), del gruppo di lavoro per le infrastrutture della "round table" europea, del comitato promotore della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, della Fondazione Italia-Giappone.
Alla Fiat torna nella drammatica mattina del 24 gennaio 2003, quando, un'ora dopo la morte del fratello Gianni, gli esponenti dei vari rami della dinastia, riuniti in assemblea, lo candidano al vertice e lo nominano presidente dell'accomandita, la Giovanni Agnelli e C., cassaforte di tutte le partecipazioni della famiglia. Il suo destino, quel giorno, si incrocia di nuovo con quello dell'azienda di famiglia, dalla cui gestione era stato lontano per dieci anni. È il momento più difficile della crisi della Fiat. "Tenere duro e andare avanti è il modo migliore per ricordare mio fratello", dice un mese dopo a Villar Perosa, dove si celebra la messa in memoria dell'Avvocato. Ma il cammino finisce presto.




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