Russia: allarme rosso per incrociatore Pietro il Grande
MOSCA - È allarme rosso per il 'Pietro il Grande', l'incrociatore a propulsione atomica di maggior stazza al mondo, ammiraglia della Flotta russa del Nord. Parola del comandante della marina in persona, Vladimir Kuroiedov, secondo il quale l'unità, varata appena otto anni or sono, "è in condizioni tali che potrebbe esplodere in qualsiasi momento".
Una dichiarazione-shock che ha scatenato un'ondata di panico, evocando nuovi scenari da incubo sul livello di manutenzione di navi e sommergibili russi a meno di quattro anni dal tragico affondamento del sottomarino Kursk, inghiottito dal mare con tutti e 118 i suoi uomini nell'agosto 2000. Un'ondata di panico che la successiva rettifica ha ridimensionato, ma non certo cancellato, su uno sfondo di caligine e ambiguità a cui non sembrano estranee congiure di palazzo interne allo stato maggiore.
La sparata di Kuroiedov è giunta come un fulmine a ciel sereno di prima mattina. L'ammiraglio ha convocato i media per annunciare chiaro e tondo di aver ordinato il rientro alla base di Severomorsk, nel Mar di Barents (nell'estremo nord della Russia), del Pietro il Grande, dopo aver condotto un'ispezione a bordo il 17 marzo a margine di un'esercitazione. E di averlo messa fuori servizio per almeno tre settimane per riparazioni.
"La nave - ha detto - è in condizioni tali che potrebbe esplodere in qualsiasi momento. E questo è tanto più pericoloso se si considera che essa è spinta da un reattore atomico". Parole drammatiche, seguite da un'intemerata nei confronti dei sottoposti: "Tutto sembra a posto sul ponte, dove passano gli ammiragli, ma dove essi non passano la nave è in condizioni tali che potrebbe esplodere in qualsiasi momento. Un tale atteggiamento da parte dei comandanti sulla manutenzione delle unità può portare al disfacimento della flotta".
Uno sfogo che ha fatto il giro del mondo in tempo reale, suggerendo persino l'ipotesi che l'incrociatore potesse aver avuto un'avaria in navigazione e fosse in pericolo immediato. Al punto che poco più tardi lo stesso Kuroiedov si è trovato costretto a fare una mezza marcia indietro, escludendo ogni minaccia imminente "per la sicurezza nucleare" della nave, e se l'è presa con i media: "Le interpretazioni di alcuni mezzi d'informazione, secondo le quali l'incrociatore si troverebbe attualmente in uno stato di avaria, rappresentando una minaccia, non corrispondono in alcun modo alla verità", ha precisato, cercando di mettere una toppa.
Il suo allarmismo iniziale era stato accolto d'altronde con scetticismo da esperti e commentatori. "Le dichiarazioni dell'ammiraglio Kuroiedov ci sorprendono, e vogliamo usare un eufemismo", ha detto Oleg Shuliakovski, direttore generale dei cantieri Baltiiski, dai quali il Pietro il Grande fu varato nel 1996, sottolineando (col conforto di specialisti stranieri) l'infondatezza di un pericolo d'esplosione spontanea del reattore nucleare e "l'adeguato livello tecnico di operatività di una nave su cui riceviamo rapporti dettagliati ogni giorno".
"I problemi alle unità della nostra flotta sono gravi", ha sottolineato dal canto suo l'analista militare Pavel Felgenhauer, dicendosi tuttavia basito per gli strali contro il Pietro il Grande, nave che lo stesso ammiragliato aveva indicato come un raro modello d'efficienza nel 2003.
E avanzando apertamente il sospetto che Kuroiedov - sopravvissuto nel suo incarico anche alla catastrofe del Kursk - possa aver scatenato la bufera di oggi come un gioco allo "scaricabarile", temendo di non riuscire più a salvare il posto dopo gli intoppi verificatisi a febbraio nelle ultime manovre della Flotta del Nord, sotto gli occhi del presidente Vladimir Putin: intoppi culminati nel duplice fallimento di un test missilistico dal sottomarino Novomoskovsk (poi ripetuto con successo, su ordine di un irritato Putin), che lo stesso ammiraglio aveva in un primo momento cercato di insabbiare.
Un'interpretazione malevola, ma condivisa anche da giornali come 'Izvestia' e 'Kommersant', oltre che dal leader nazionalista Vladimir Zhirinovski, secondo il quale il comandante della marina, senza rendersi ben conto dell'effetto delle sue parole, avrebbe cercato di colpire alcuni rivali all'interno dello stato maggiore, come l'ammiraglio Vladimir Kasatonov, zio del capitano del Pietro il Grande.
Uno scenario che getta ulteriori ombre sull'affidabilità dei comandi militari russi. E che comunque non cancella l'allarme. I timori sullo stato dell'incrociatore rappresentano infatti solo l'ultimo anello di una catena di carenze e incidenti che hanno coinvolto in questi anni la marina: forse l'arma più colpita dalla riduzione di finanziamenti all'ex Armata Rossa seguita alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, in un quadro di difficoltà che il piano approvato proprio oggi da Putin per dare un alloggio entro tre anni a decine migliaia di ufficiali rimasti privi di un tetto sicuro conferma in modo lampante.
Quanto alle disavventure, solo negli anni della gestione Kuroiedov si contano, oltre al caso Kursk, quello di un altro sommergibile, il K-159, in via di smantellamento, affondato (con nove marinai) l'anno scorso nel Mar di Barents mentre veniva trainato verso un cimitero di relitti, e innumerevoli guai meno vistosi.
Senza considerare l'irrisolto problema delle decine di sottomarini atomici obsoleti ereditati dall'Urss e tuttora ormeggiati alla mercè degli elementi nelle acque del Nord e del Pacifico: 120 ferrivecchi minacciosi e potenzialmente inquinanti (qualche decina dei quali con a bordo ancora residui di combustibile nucleare) che solo a rilento vengono avviati alla demolizione: un processo assai oneroso che i contributi occidentali coprono per ora in piccola parte.




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