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SHORTBUS

Sesso estremo, sado e gay, arriva nelle sale il film scandalo sui tic sessuali della Grande Mela

In programmazione al Cinestar di Lugano a partire da venerdì. Vietato ai minori di 18 anni
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Sesso estremo, sado e gay, arriva nelle sale il film scandalo sui tic sessuali della Grande Mela
In programmazione al Cinestar di Lugano a partire da venerdì. Vietato ai minori di 18 anni
Il trailer etero   Il trailer gay   Il trailer sado   LUGANO - Arriva venerdì in Ticino il film scandalo del Festival di Cannes dello scorso anno. Un film che mette a nudo le manie e i tic sesuali di uomini, donne e gay a N...
 
 
 
LUGANO - Arriva venerdì in Ticino il film scandalo del Festival di Cannes dello scorso anno. Un film che mette a nudo le manie e i tic sesuali di uomini, donne e gay a New York. Stiamo parlando di "Shortbus"  del regista americano John Cameron Mitchell. A proposito del film qualcuno ha parlato di versione cinematografica di  Sex and the city’. Le cronache durante il festival di Cannes parlavano di code chilometriche, ressa e spintoni.

Nonostante molte scene esplicite di sesso, non è proprio un film  porno. È piuttosto un collage di scene omo, etero, sadomaso: scene dirette e senza allusioni. Tutto ciò sullo sfondo di una New York dalle grandi voglie sessuali.

Il film segue le peripezie erotiche e sentimentali di un gruppo di personaggi newyorchesi. Sofia è una sessuologa che non ha mai avuto un orgasmo e in tanti anni di matrimonio ha sempre finto durante i rapporti con suo marito Rob. James e Jamie, una coppia di ragazzi gay, stanno cercando di allargare il loro rapporto dal punta di vista sessuale. Severin è una ragazza sola e complessata che si prostituisce nel ruolo di femmina dominatrice al servizio di improbabili clienti masochisti. Tutti convergono e si incontrano allo Shortbus, locale notturno fuori dalla legge e dalle convenzioni – dove si mescolano sesso, arte e politica, ideato e gestito dal travestito Justin Bond (che interpreta se stesso). La New York post 9/11 non è una città facile in cui vivere e questa commedia amara e spiritosa invita tutti i suoi abitanti a riconciliarsi con i piaceri della mente e della carne - per dare finalmente spazio ai movimenti del cuore.
 
 
La parola al regista John Cameron Mitchell


Negli anni in cui stavo lavorando a Hedwig- Una diva con qualcosa in più, mi sono reso conto che si stavano di nuovo cominciando a fare film che parlavano di sesso, come si facevano negli anni sessanta e settanta, ma mi dispiace constatare che erano tutti film piatti, privi di senso dell’umorismo. Il concetto di sesso sembrava legato a quello di negatività, come lo era per i Cattolici conservatori. Penso che sia comprensibile. Io sono cresciuto in un ambiente cattolico/militare dove il sesso era la cosa più spaventosa in assoluto e, proprio per questo, molto affascinante. Ho pensato di fare una commedia in pure stile newyorkese che parlasse di sesso con franchezza, che fosse provocatoria e, possibilmente, divertente. Non doveva essere per forza un film erotico, al contrario, volevo usare il linguaggio del sesso come metafora per altri aspetti delle vite dei personaggi. Ho sempre considerato il sesso esattamente come le terminazioni nervose delle vite delle persone. Ho sempre pensato che guardando due sconosciuti fare sesso puoi scoprire molte cose su di loro – da come è stata la loro infanzia a quello che hanno mangiato quel giorno a pranzo.

La parola alla critica

Il corriere della sera: "(...) Non è affatto un film pornografico, usa spesso la trasmissione non verbale: è un porno con l'anima, come si diceva dei kolossal. (...) All'inizio il film esibisce tutto ciò che può, poi gli prende la malinconia e accellera su compassione, sentimenti, affetti, tutte cose assenti dalla tecnica porno. Ogni scandalo choc sembrerà dunque ridicolo, perché se è compiacimento è una scorciatoia verso la disperazione quasi universale. (...) Attori? Bravi e soprattutto giusti".
 
La Stampa: "(...) Dopo i primi minuti, i genitali esibiti non impressionano più, e si comincia a divertirsi".
 
L'Unità: "(...) Il film è estremo ma anche malinconico, perché i personaggi sono sommersi dalla solitudine e covano, tutti, uno struggente sogno di «normalità». Ed è anche fragorosamente divertente, soprattutto nel finale felliniano che sembra una parodia gay di Otto e mezzo. Da vedere, purché avvertiti e consapevoli".
 
Il Giornale: "(...) il film ha una sua grazia che in qualche modo lo salva dalla noiosità greve del porno e dalla gratuita cupezza in cui quasi sempre affondano le pellicole che hanno il sesso spinto al centro della storia. Qui il tono prevalente è quello della commedia (...) La chiave sessuale serve al regista come cartina di tornasole, perché mai come in questo film il sesso è fatto, mostrato ed esplicitato eppure mai è così evidente il senso di precarietà, di insoddisfazione, di solitudine e di abbandono che gli fa da contorno. Certo, c'è molto velleitarismo made in Usa (...)"
 
El Mundo: "Come film porno non è eccitante, ma l'ambizione del regista è altra: coniugare provocazione e umorismo, i piaceri della carne con quelli del cuore. Il risultato però è ridicolo, si direbbe che "tiene la gracia en el culo"
 
Il Foglio: (...) Per fantasia e dedizione alla causa, “Shortbus” – dal nome di un locale di New York – è “L’impero dei sensi” di questi anni. Allegro e promiscuo quanto il giapponese era monogamo e cupo: cinque scene almeno fanno ridere al solo ripensarci.
 

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