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MUSICA: Successo a Lugano per Renato, ma Zero dimentica il passato

Palaghiaccio invaso da sorcini accorsi per applaudire Renato Zero, a Lugano per il tour “Prove di volo”. Un viaggio nei recenti successi musicali di Renato, che predilige i pezzi nuovi a quelli più vecchi.
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MUSICA: Successo a Lugano per Renato, ma Zero dimentica il passato
Palaghiaccio invaso da sorcini accorsi per applaudire Renato Zero, a Lugano per il tour “Prove di volo”. Un viaggio nei recenti successi musicali di Renato, che predilige i pezzi nuovi a quelli più vecchi.
Una Resega completamente piena quella vista ieri sera a Lugano per il concerto di Renato Zero “Prove di volo”. Due ore e quaranta minuti di canzoni e di emozioni che Renato ha saputo regalare ai suoi “figli” come lui stesso am...
Una Resega completamente piena quella vista ieri sera a Lugano per il concerto di Renato Zero “Prove di volo”. Due ore e quaranta minuti di canzoni e di emozioni che Renato ha saputo regalare ai suoi “figli” come lui stesso ama definire il suo popolo di adepti. Si, perché quella di Renato è proprio una filosofia che da trent’anni continua ad affascinare anche i più scettici. Alle ore 21.00 puntuali si apre l’astronave nella quale entrano prima i musicisti e proprio il comandante del viaggio, Renato appunto, sobrio e vestito di nero. Un viaggio che parte con “Svegliatevi poeti”, brano trainante del suo nuovo cd “La curva dell’angelo”, un lavoro discografico che seppur presenta canzoni piacevoli, di buona fatture, non contiene in realtà nessun capolavoro musicale come è invece accaduto in passato. Un viaggio che si è mosso prevalentemente sul binario delle canzoni tratte dal suo repertorio più recente. Il primo salto nel passato arriva con “Artisti”, una sorta di manifesto ideologico sul concetto di vita che Renato intende e nel quale il suo numeroso popolo si rispecchia. “Buonasera Lugano” saluta Renato che forse non ha ben capito cosa sia il Ticino. “Quando si arriva in questa isola si sente parlare un dialetto vagamente tedesco. In questa isola c’è un po’ di Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Puglia. Qui c’è un pezzo di Italia, quindi siamo a casa”.

Il viaggio riprende con “Ostinato amore” e raggiunge scene di entusiasmo generale con “Cercami”, primo momento veramente caldo della serata: emozioni vibranti, tifo da stadio e i 5000 presenti si uniscono in un coro che commuove Renato Zero.

Poco spazio alle prediche e ai momenti parlati che abbiamo avuto modo di conoscere nei concerti del passato e nelle trasmissioni televisive di questi ultimi tempi. Qualche accenno al consumismo e all’omogeneizzazione, alle soap-opere che ci raccontano falsità e il filo comunicativo riprende con la canzone “Motel”, brano non molto famoso del suo repertorio anni settanta, più noto forse nella versione di Patty Pravo, che lo incise cambiando il titolo in “Grand Hotel”.

Primo cambio d’abito con “Dimmi chi dorme accanto a me” in cui Renato appare su un grande letto in pigiama bianco. Ancora brani del suo nuovo cd, “La medicina”, “Innocente”, “Fuori gioco”, “Non cancellate il mio mondo”, “Storie da dimenticare”, canzoni che dicono niente o poco alla grande maggioranza del pubblico, il quale attende inevitabilmente i classici del suo repertorio, che fanno però fatica da arrivare.

Si parla di diversità e sull’importanza di evitare l’omologazione, un pretesto per introdurre un altro suo pezzo forte targato anni settanta, “Madame”.
“Quando siete felici non ditelo a nessuno” ammonisce Renato ai suoi fedelissimi, e il tendone si chiude dopo due ore. Si riapre con un Renato vestito con le piume di uccello: un omaggio ai tempi stravaganti di Zerolandia. Renato intona “La grande assente”, dedicata all’amica Mia Martini, “dov’è Mimì” canta, e l’emozione diventa palese sul suo volto.

Ma il viaggio è destinato a finire. “Grazie Lugano, così lontana, ma così vicina”, ed è standing ovation. Il pubblico lo invoca e lui ritorna per un brevissimo salto nel passato. “È ora di tornare indietro di alcuni anni”. Il salto temporale avviene con solo tre brani, “Il triangolo”, “Mi vendo” e “Il cielo”, quest’ultimo cantato dal pubblico mentre Renato si finge direttore di voci.
Un salto avaro compiuto da Renato troppo sbrigativamente. Un artista con un passato glorioso come il suo avrebbe potuto regalare qualche “amarcord” in più.

Chiusura con “I migliori anni della nostra vita” e con la mitica frase “non dimenticatemi”, si chiude definitivamente il sipario.

Di Sal Feo

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