AITI dice no all'autodeterminazione

Si tratta di un’iniziativa «che rischia di danneggiare fortemente la nostra economia e di avere ripercussioni estremamente negative per tutti i cittadini»
LUGANO - Un NO deciso è quanto l’Associazione industrie ticinesi auspica in relazione ad un’iniziativa «che rischia di danneggiare fortemente la nostra economia e di avere ripercussioni estremamente negative per tutti i cittadini». Per AITI, l’iniziativa per l’autodeterminazione crea incertezza, «trasformando la Svizzera in un Paese inaffidabile, poiché i trattati che il nostro Paese ha già sottoscritto, senza dimenticare quelli che sottoscriverà in futuro, in particolare quelli economici e umanitari, dovrebbero essere rinegoziati». La reputazione della Svizzera sarebbe compromessa.
«È importante ricordare - continua l'Associazione - che la Svizzera guadagna quasi due franchi su cinque all’estero. In una realtà caratterizzata da un mercato interno molto limitato, la semplicità e la rapidità degli scambi a livello internazionale risultano fondamentali per il benessere del Paese. L’iniziativa per l’autodeterminazione mette a rischio oltre 600 accordi economici sottoscritti dalla Svizzera. Senza accordi con l’estero per ridurre i dazi e le tariffe, facilitare gli scambi con l’estero e difendere i nostri diritti, l’economia elvetica si troverebbe in estrema difficoltà. L’iniziativa per l’autodeterminazione mira ad abolire questi accordi stipulati liberamente dalla nostra nazione, mettendo a forte rischio le nostre aziende e i posti di lavoro che esse garantiscono».
«L’aspetto più controverso dell’oggetto in votazione è che, sebbene i bersagli siano la libera circolazione e gli accordi bilaterali, di fatto andrebbe a colpire solo ed esclusivamente gli accordi che non sono stati votati direttamente dal popolo. Per questo motivo, libera circolazione e accordi bilaterali non sarebbero minimamente toccati in caso di successo dell’iniziativa. In compenso, sarebbero a rischio di denuncia migliaia di accordi tecnici e di protezione giuridica - come per esempio la convenzione per la protezione dei diritti dei fanciulli o quella per la protezione dei diritti dei disabili - a cui nessuno si è mai opposto», conclude AITI, secondo cui con un sì si indebolirebbero i diritti fondamentali di tutti i cittadini svizzeri che non potranno così più ricorrere alle istanze superiori in caso di violazioni dei propri diritti umani.




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