Da "io le donne non le guardo" a chi si gasa: il video


Conto alla rovescia per gli Europei femminili in Svizzera. Tra pregiudizi ed entusiasmo come sarà vissuto l'evento? Le voci della gente e di un'esperta.
LUGANO - Nel video realizzato da tio.ch c'è chi è entusiasta e pronostica addirittura una vittoria della nazionale rossocrociata. C'è chi non sapeva nulla dell'evento, chiedendosi come mai fosse così poco pubblicizzato. E c'è anche chi dice apertamente: «no, io le donne che giocano a pallone non le guardo». Il campionato europeo femminile di calcio, che scatterà il 2 luglio proprio in Svizzera, suscita sentimenti contrastanti. E anche qualche pregiudizio.
«Discriminazioni» – «Nonostante i progressi significativi degli ultimi anni – sostiene Giada Besomi, esperta in psicologia sportiva – il calcio femminile continua a essere oggetto di preconcetti e discriminazioni. Queste si riflettono sull’attenzione mediatica e sul riconoscimento sociale delle atlete donne, rispetto ai colleghi uomini».
"Roba da maschi" – Per decenni il calcio è stato considerato uno "sport da maschi". «In molti Paesi europei, alle donne venne persino vietato di giocare a calcio. Un esempio vicino a noi, fu quello dell’Italia. Sotto il regime fascista, negli anni 30' e 40', venne bloccata la prima squadra femminile di Milano. Il calcio è un esempio di sport associato a caratteristiche definite a priori maschili, come forza, aggressività e competizione. Tutte caratteristiche stereotipate, lontane dall’essere associate alle donne. Di conseguenza, le calciatrici devono spesso dimostrare il doppio per essere prese sul serio».
«Percezione di inferiorità» – Negli ultimi anni le grandi prestazioni di molte nazionali femminili e alcuni grossi appuntamenti come i Mondiali hanno riempito gli stadi. «Ma le donne continuano a ricevere meno copertura televisiva, meno promozione e meno investimenti pubblicitari rispetto agli eventi maschili. Il problema si traduce in una crescita meno esponenziale del movimento e quindi meno possibilità di professionismo. Le differenze nei salari, nei contratti, nelle carriere, nei posti di gestione e dei quadri, nelle strutture di allenamento e nel trattamento complessivo sono ancora enormi. Anche questi aspetti giocano un ruolo nella percezione di inferiorità del calcio femminile».
«Un discorso anche educativo» – L'esperta si spinge oltre: «Molte bambine e bambini crescono ancora con modelli separati: le femmine fanno danza o ginnastica, i maschi giocano a calcio. Non siamo abituati a educare alla libertà di scelta e alla promozione dell’abbattimento degli stereotipi. Siamo ancora lontani da una cultura accessibile, inclusiva ed equa. La calciatrice italiana Carolina Morace diceva: "Giocare a calcio da donna significa ancora oggi dover dribblare non solo gli avversari, ma anche i pregiudizi". Ecco, siamo ancora lì».

