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CANTONE«In Ticino troppa invidia e provincialismo»

26.11.21 - 06:00
Anche i "paperoni" lottano con la pandemia. E si tolgono qualche sassolino dalla scarpa. Intervista a Mario Mantegazza
tipress
Mario Mantegazza
Mario Mantegazza
«In Ticino troppa invidia e provincialismo»
Anche i "paperoni" lottano con la pandemia. E si tolgono qualche sassolino dalla scarpa. Intervista a Mario Mantegazza

LUGANO - I ricchi piangono, e si arrabbiano anche. I grandi patrimoni in Ticino hanno sentito il contraccolpo della pandemia, ne abbiamo parlato nei giorni scorsi: i multi-milionari nostrani si trovano confrontati con circostanze non facili. Hanno perso decine di milioni, e hanno voglia di ripartire. Ma anche di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. 

La famiglia Mantegazza non fa eccezione. Lo storico impero nel settore dei viaggi - patrimonio: 1,7 miliardi secondo Bilanz - ha risentito del blocco del turismo: dati di dettaglio non sono noti, ma il 2021 «è stato ancora un anno molto difficile in termini di volumi» ha spiegato a tio.ch/20minuti Mario Mantegazza. «Già a partire dall'anno prossimo registriamo tangibili segnali di ripresa». Le aziende di famiglia (gruppo Globus) potrebbero tornare ai livelli pre-Covid «entro due anni» e puntare «a obiettivi ancora più ambiziosi in futuro».  

Ma il direttore di Ticino Welcome non è altrettanto ottimista sul futuro del cantone. Punta il dito contro «invidia e provincialismo» che penalizzano l'imprenditoria ticinese, e lancia un appello alla politica e all'economia nazionale. «Servono nuove strategie per recuperare quanto perduto ed evitare nuove emergenze». 

Dal suo punto d'osservazione, come ha reagito finora il sistema-Ticino?

«L'imprenditoria ticinese si sta muovendo piuttosto bene, a quanto ho modo di vedere. Anche se nessuno può dire di essere uscito indenne da tutti i problemi causati dai vari lockdown. Gli ultimi due anni devono essere un monito: per gli imprenditori in cerca di nuovi sbocchi, ma ancor di più per la politica e l’economia nazionale, che devono facilitare l'accelerazione del rilancio, fornire nuove premesse e non mere promesse».

Vede segnali di fiducia, per il futuro?  

«Purtroppo in Ticino si è molto soli! Qui la mentalità sembra non volere mai evolvere verso l’interesse comune, ma ristagna nel provincialismo, nell’invidia e nel disinteresse più totale di tutto ciò che non giova all'interesse individuale. Il mio augurio per il nostro amato Cantone è quello di un generale risveglio che ci permetta di condividere nuove visioni e una identità propria, invece di continuare solo a criticare chiunque faccia qualcosa e giudicare tutto sul paragone con la Svizzera tedesca e l’Italia. Se ciò accadrà, allora potrei essere ottimista per il Cantone che per ora continua ad essere sempre meno attraente proprio per la mancanza di visioni chiare e condivise a medio-lungo termine».

In questi momenti d'incertezza molti si rifugiano nel mattone. La famiglia Mantegazza si è spostata da tempo sul settore immobiliare. 

«Il nostro "core business" rimane il turismo internazionale. L'attività di famiglia nel settore immobiliare non è legata alla speculazione, bensì all’investimento a lungo termine. In una realtà come quella ticinese, in cui si costruiscono troppi beni speculativi, la qualità viene premiata, ancor più oggi, dopo che la gente è stata costretta al domicilio per molto tempo. Anche per questo motivo, stiamo dando il via a nuovi progetti e nuovi rinnovamenti, sempre premiando le attività, le ditte e le aziende locali, per creare un beneficio concreto al territorio».

A proposito di progetti immobiliari. Cosa voterà domenica, per il Polo Sportivo? 

«Sono favorevole. Come famiglia legata al mondo dello sport, tutte le iniziative che lo favoriscono per noi sono benvenute. Avrei preferito un progetto sportivo globale, che favorisse l'avvicinamento dei giovani e riunisse tutte le discipline, con diversi palazzetti, stadi, mense sane e scuole per sportivi d'elite, centri benessere e appartamenti adatti alle tasche dei giovani sportivi. Ma in Ticino c’è sempre stata la tendenza a guardare ai singoli progetti, piuttosto che crearne di più vasti e importanti, perché è già quasi impossibile proporne uno singolo, figurarsi uno globale».

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