Due sondaggi condotti da Ticino&Lavoro, a tre anni di distanza, stroncano gli uffici di collocamento. Ecco cosa ne emerge
BELLINZONA - Collocamenti strampalati, corsi di formazione inutili, scarsa professionalità. Il giudizio popolare sugli Uffici regionali di collocamento (Urc) è poco generoso di per sé. A peggiorare le cose non mancano gli scivoloni: ha fatto discutere il caso di alcuni impiegati di commercio mandati a strappare erbacce a bordo strada. Ma gli esempi si sprecano.
I sondaggi - Il Cantone – è la buona notizia – si sta occupando del problema. Nelle scorse settimane i funzionari del Dfe hanno ricevuto i risultati di un sondaggio condotto dall'associazione Ticino&Lavoro, che si è rivelato una bocciatura totale dell'attuale sistema. Le risposte dei disoccupati – visionate da tio.ch/20minuti, vedi allegato – non sono cambiate molto rispetto al 2015, quando l'associazione no profit aveva sottoposto a 955 persone un questionario praticamente identico.
«Percezione immutata» - A tre anni di distanza, ancora non si vedono gli esiti della riforma attuata dal Cantone. «Abbiamo ristretto il campione ai disoccupati che hanno frequentato gli Urc nell'ultimo triennio. Ma i correttivi apportati non trovano riscontro nella percezione degli utenti» commenta Giovanni Albertini di Ticino&Lavoro: «Per vederne gli effetti forse bisognerà aspettare ancora qualche anno».
(Il testo continua dopo l'infografica)
Uno su dieci soddisfatto - Intanto, però, l'88 per cento dei disoccupati si dice insoddisfatto del servizio, meno di uno su due promuove l'operato dei consulenti, e oltre la metà non ha seguito alcun corso formativo nel periodo di disoccupazione.
«Serve più ascolto dei bisogni» - «Dall'indagine è emersa una spaccatura tra le aspettative dei disoccupati e la reale funzione degli Urc, che è prettamente di consulenza» continua Albertini. Il primo problema è di comunicazione, dunque. Ma in entrambi i sensi: il 59 per cento degli intervistati avrebbe voluto essere “ascoltato di più” dai consulenti. Questi ultimi per contro «hanno le mani legate dalla legge cantonale e federale» rileva Albertini. Ben venga l'ascolto dunque, anche tramite l'associazione, che si dice «soddisfatta» del dialogo avviato col Dfe. «Ma una modifica legislativa è necessaria» conclude il presidente.