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MENDRISIO«I nostri senza tetto? Molti sono ticinesi»

22.12.16 - 17:30
Dopo la tragica morte di Ignazio Cirillo, le rivelazioni di Roberto Rippa, uno dei padri di Casa Astra, struttura che accoglie persone in difficoltà:«Basta un divorzio e la gente si ritrova in strada»
«I nostri senza tetto? Molti sono ticinesi»
Dopo la tragica morte di Ignazio Cirillo, le rivelazioni di Roberto Rippa, uno dei padri di Casa Astra, struttura che accoglie persone in difficoltà:«Basta un divorzio e la gente si ritrova in strada»

MENDRISIO – La tragica morte di Ignazio Cirillo continua a fare discutere. Un uomo fuggito dalla sua terra, la Campania, per cercare fortuna. E morto nel rogo di una palazzina, sabato scorso, a Massagno. Secondo Roberto Rippa, presidente del “Movimento dei senza voce” e co fondatore di Casa Astra, a Mendrisio, quello di Ignazio non è assolutamente un caso isolato. Un’affermazione che contraddice quanto sostenuto negli scorsi giorni dal municipale luganese, nonché consigliere nazionale, Lorenzo Quadri. «Non bisogna ingigantire il problema, ci sono dei casi ma non stiamo parlando di orde di senzatetto», aveva dichiarato a laRegioneTicino. «Siamo sempre più alle prese con persone che vivono una situazione simile a quella di questo signore – dice, invece, Rippa –. Uomini o donne scappati dal loro Paese di origine per avere un’esistenza migliore. Non solo. I casi sono a decine. E molti riguardano ticinesi».

Casa Astra è l’unica struttura ticinese che offre vitto e alloggio alle persone senza fissa dimora. Dopo 12 anni di attività, qual è il suo bilancio?

«Ci rendiamo conto che la problematica dei senza tetto è sempre più presente anche nella Svizzera italiana. La maggior parte dei nostri utenti, lo ribadisco, è ticinese. Persone magari senza lavoro da tempo, che non riescono a ricominciare. Negli ultimi 5-6 anni abbiamo registrato un’impennata di casi. Ed è comprensibile: i posti di lavoro sono limitati e gli stipendi tendono sempre più al ribasso. Da quando, nel dicembre 2015, ci siamo trasferiti da Ligornetto a Mendrisio possiamo ospitare ben 24 utenti alla volta. Siamo quasi sempre pieni».

Parliamo dei vostri utenti. Chi sono?

«Persone domiciliate che hanno problemi di alloggio o di ordine sociale. Altre sono magari confrontate con disagi finanziari enormi. A volte basta un divorzio brutale per ritrovarsi in strada. E di divorzi ce ne sono sempre di più. Ultimamente si rivolgono a noi anche parecchie donne. In passato non era così. Assistiamo ad esempio al fenomeno della badanti in nero. Quando muore la persona che stavano curando, queste donne si ritrovano a piedi. Senza soldi».

Come si arriva a bussare alle porte di Casa Astra?

«Soprattutto tramite passaparola. Oppure grazie alle istituzioni che indirizzano le persone a noi. A Casa Astra accogliamo anche pazienti della clinica psichiatrica cantonale non ancora pronti per una vita autonoma».

Quanto si può fermare una persona a Casa Astra?

«Di regola, al massimo tre mesi. Anche se poi ci è capitato di ospitare un utente per due anni. Dipende sempre dalla situazione specifica. Offriamo vitto e alloggio. Ma soprattutto consulenza. Questo significa che i nostri operatori cercano di dare i giusti consigli agli utenti, in modo che questa gente possa di nuovo costruirsi un futuro». 

Come si finanzia Casa Astra?

«Possiamo contare su un sussidio annuale da parte di Swisslos, che copre circa un sesto del nostro fabbisogno. Il Cantone, dal canto suo, riconosce le rette delle persone in assistenza da noi ospitate. Per il resto dobbiamo arrangiarci con donazioni di privati e organizzando eventi che ci permettano di aumentare le entrate. Da noi lavorano solo 4 operatori. Considerando che non tutti lavorano a tempo pieno, facciamo un vero e proprio miracolo». 

Come vivono i vostri ospiti l’esperienza nella struttura?

«Cerchiamo sempre di coinvolgerli in maniera attiva. La nostra non deve essere un’impresa caritatevole. Ad esempio, sono gli stessi utenti a dare una mano nella preparazione dei pasti o nella pulizia delle camere. La comunità di Casa Astra può essere vista come un micro cosmo, in cui ognuno ha un ruolo da protagonista».

Torniamo all’episodio di Massagno. Un padre di 40 anni muore bruciato in una cantina. Come un povero diavolo. Qual è il suo pensiero?

«Non sono sorpreso, purtroppo. La nostra è una società che si basa ancora sul capitalismo. Questo sistema mieterà ancora molte vittime».

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