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SVIZZERA

Ubs taglierà 10mila posti di lavoro

La banca elvetica starebbe pianificando una massiccia riduzione del personale entro il 2027. La ragione? Il complesso processo di integrazione di Credit Suisse.
20min/Dominic Forstenhauser
Fonte SonntagsBlick
Ubs taglierà 10mila posti di lavoro
La banca elvetica starebbe pianificando una massiccia riduzione del personale entro il 2027. La ragione? Il complesso processo di integrazione di Credit Suisse.

ZURIGO - UBS si prepara a un nuovo, massiccio ridimensionamento del personale. Secondo informazioni pubblicate questa mattina dalla SonntagsBlick 10'000 posti di lavoro sarebbero a rischio entro il 2027.

La ragione? Il lungo e complesso processo di integrazione di Credit Suisse. Un numero che, se confermato, porterebbe l’organico globale della banca a circa 95.000 impieghi a tempo pieno.

La banca non conferma nel dettaglio questi piani, ribadendo di voler limitare il più possibile le soppressioni e ricordando che, per il solo mercato svizzero, la cifra ufficiale resta quella già indicata di circa 3000 licenziamenti.

Tuttavia, i dati trimestrali mostrano che il ridimensionamento è già in corso da mesi: dai 119.100 dipendenti dell’estate 2023 si è passati ai 104.427 alla fine di settembre 2025, una contrazione di circa 15.000 unità. In media, ogni trimestre sono stati eliminati 1250 posti.

Una cosa è certa: il ritmo dei tagli dipende direttamente dall’avanzamento dell’integrazione. E, su questo fronte, UBS procede più lentamente del previsto. Circa l’85% dei clienti è già stato migrato, ma le relazioni più complesse (aziende e clienti ad alto patrimonio) richiedono ancora molto lavoro manuale. Più il processo si prolunga, più i vecchi sistemi IT di Credit Suisse devono restare operativi, generando costi aggiuntivi che, nel complesso, pesano per centinaia di milioni di franchi.

La pressione sui conti è evidente. Al suo ritorno nel 2023, l’amministratore delegato Sergio Ermotti aveva promesso 13 miliardi di dollari di risparmi; a oggi ne sono stati realizzati 10, circa il 77%. Il gruppo ha migliorato il proprio rapporto costi/ricavi, sceso al 77%, ma resta ancora meno competitivo rispetto ai principali concorrenti internazionali: Morgan Stanley è al 67%, Société Générale al 61%, Santander addirittura al 41%. Anche nel core business della gestione patrimoniale, UBS continua a registrare costi elevati, vicini all’80%, un valore superiore alla maggior parte delle banche private specializzate.

A pesare sulla banca non ci sono soltanto le inefficienze operative, ma anche l’incertezza sui requisiti patrimoniali futuri. Su questo fronte, però, sembra profilarsi una svolta. Secondo indiscrezioni, il Dipartimento federale delle finanze sarebbe pronto ad allentare alcune norme, consentendo a UBS di includere nel capitale di base componenti come software attivati o crediti fiscali latenti. Una modifica che alleggerirebbe i requisiti di circa 11 miliardi di dollari, pur riducendo la qualità del capitale in caso di crisi.

Questa possibile concessione arriva dopo mesi di intensa attività di lobbying e trova già eco nelle commissioni economiche del Parlamento, che si sono dette favorevoli a un approccio più flessibile. Se il compromesso verrà confermato, UBS potrà affrontare la fase finale dell’integrazione con un margine più ampio, ma con l’ombra lunga di nuovi, significativi tagli al personale.

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