I dati si ottenevano tramite dei collaboratori delle compagnie assicurative, il tutto per ottenere i rimborsi previsti dalla Confederazione
ARGOVIA - Raccoglieva dati dei clienti tramite dipendenti delle compagnie di assicurazione sanitaria. E in questo modo fatturava test diagnostici per il coronavirus fittizi, in realtà mai stati eseguiti. Con questo trucchetto un medico turco-svizzero di Argovia pare abbia guadagnato circa 1,5 milioni di franchi. Stando a quanto riportato sulle pagine della Sonntagszeitung, avrebbe inoltre ottenuto le informazioni necessarie persino da un proprietario di un negozio di tatuaggi attivo nell'area di Zurigo. Per poter fatturare i test, il medico aveva bisogno solo di alcuni dati personali come il nome, la data di nascita, il numero di assicurazione e la data del test che poteva essere fittizia. Un sistema che ha spalancato le porte alla frode.
Sì perché durante la pandemia, affinché il maggior numero di persone potesse sottoporsi all'esame diagnostico, il governo federale copriva i costi, rimborsando a medici e centri di analisi di 36 franchi svizzeri per ogni test. Non era stato previsto alcun controllo in relazione alla fatturazione: il rimborso dei test era «basato sul principio della fiducia», come era stato dichiarato dal Controllo federale delle finanze.
La segnalazione - Ad accorgersi che qualcosa non andava è stato un medico. La prima segnalazione è stata fatta all'Ufficio federale di sanità pubblica (UFSP) nel 2022: aveva notato che un suoi collega raccoglieva dati dei clienti facendoseli passare dai collaboratori delle compagnie di assicurazione sanitaria. Il suo scopo era fatturare test fittizi. A distanza di sei mesi, il medico invia una seconda segnalazione. SPiegando che i dati di migliaia di assicuratori erano stati rubati tramite un collaboratore di Helsana, in cambio di denaro. Il nome del medico turco è stato fatto proprio in questa occasione, era stato lui a chiedergli se conosceva qualcuno che potesse passargli altri dati.
Nel 2023 il servizio giuridico dell'UFSP ha dato seguito alle segnalazioni, avviando un procedimento penale contro di lui. Procedimento penale che tuttavia è stato archiviato.
Procedimento penale archiviato - Malgrado siano stati rinvenuti depositi sospetti per oltre 11mila franchi, l'UFSP ha deciso di non proseguire, lasciando quindi il medico senza una condanna. Nell'ordinanza di archiviazione, di 22 pagine risalente all'11 ottobre 2024, il capo della Divisione Diritto dell'UFSP scrive che è stato accertato che il collega abbia effettivamente tentato di contattare i dipendenti dell'assicurazione, ma che non vi è certezza che sia andato a buon fine. Nonostante l'interruzione del procedimento, il medico ha dovuto pagare spese per circa 3.300 franchi perché il suo comportamento è stato responsabile dell'avvio dell'indagine.
Questo medico, a ogni modo, aveva già fatto parlare di sé. Nella primavera del 2024 i suoi due studi presenti nei cantoni di Zugo e Zurigo hanno chiuso i battenti da un giorno con l'altro: ha perso l'autorizzazione a esercitare in tutti e cinque i cantoni in cui era precedentemente abilitato (Zurigo, Zugo, Berna, Argovia, Turgovia). Le motivazioni, secondo la Sonntagszeitung, sono da ricondurre a un'anomalia riscontrata durante un'ispezione le autorità. Le persone assunte non avevano la necessaria formazione medica per poter lavorare nei suoi studi. Sulla vicenda, solo il Cantone di Argovia ha voluto esprimersi. Un portavoce del Dipartimento della sanità ha spiegato che è stata revocata «per mancanza di affidabilità», a seguito di una segnalazione dell'UFSP «relativa a servizi fatturati illegalmente».
Il medico si è trasferito a Dubai - Nel frattempo il medico ha cambiato nome e ha lasciato la Svizzera per Dubai. Sui social media dà consigli per la salute sul corretto consumo di tè (matcha o verde) e il sito web di una delle sue aziende svizzere è ancora attivo. Qui pubblicizza diversi servizi medici e sei cliniche private, indicate come organizzazioni partner. Ci sono anche l'Ospedale Universitario di Zurigo e il Gruppo Hirslanden. Interpellate, tutte e sei le organizzazioni hanno negato qualsiasi collaborazione con il professionista.
Interpellato, il medico non ha voluto commentare. Si applica la presunzione di innocenza.