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ZURIGO«Il momento è doloroso», ma Zurigo non punta sui «turisti alcolizzati»

31.08.20 - 14:35
Il drammatico calo della clientela straniera ha messo in ginocchio gli alberghi zurighesi.
Keystone
Fonte ats
«Il momento è doloroso», ma Zurigo non punta sui «turisti alcolizzati»
Il drammatico calo della clientela straniera ha messo in ginocchio gli alberghi zurighesi.
Il direttore dell'ente turistico: «Si annunciano anni veramente duri». E intanto la pandemia ha fatto crollare il fatturato per camera da 180 franchi a circa 40.

ZURIGO - Tempi difficili per gli alberghi di Zurigo, alle prese con il drammatico calo della clientela straniera. La fase più dolorosa, con le chiusure di esercizi, deve ancora arrivare, afferma Martin Sturzenegger, direttore dell'ente turistico della città sulla Limmat. Che vede peraltro nei prezzi alti anche un modo per tenere lontane le orde di turisti alcolizzati.

«Si annunciano due, tre anni veramente amari», spiega l'esperto in un'intervista pubblicata oggi dalla Neue Zürcher Zeitung. «I prestiti Covid-19 e il lavoro ridotto hanno potuto attenuare molto i problemi, ma il momento è enormemente difficile per gli hotel che non hanno finanziamenti alle spalle. Nessuno può dire quando gli affari riprenderanno veramente: ci stiamo preparando per il 2023. La grande domanda è sapere di quanto ossigeno disporranno i singoli alberghi per resistere fino ad allora».

A Zurigo prima della pandemia il cosiddetto Revpar (cioè il fatturato per camera) era di 170 euro (circa 183 franchi al cambio attuale), oggi è di circa 33 euro. Un'evoluzione che, sebbene ricalchi quella di altre città europee, è da considerare «drammatica», secondo Sturzenegger. Non è infatti facile, per le aziende in questione, passare in una sorta di modalità letargo: non si può semplicemente dimezzare il personale.

«Almeno metà del nostro compito ora è quello di essere pronti quando ricominceranno i collegamenti internazionali e partirà la grande battaglia per i clienti», prosegue il professionista. «Fino ad allora possiamo solo cercare di mantenere vivo il nostro ricordo sui mercati esteri. È possibile iniziare a ottimizzare i margini solo dopo aver riportato gli ospiti. All'inizio torneranno comunque i viaggiatori abituali, prima gli uomini d'affari e poi gli ospiti individuali, e solo alla fine i gruppi».

Ma non è che il turismo degli affari e dei congressi sia destinato a calare in via definitiva? «Non credo proprio. La gente vuole incontrarsi, scambiare idee», risponde Sturzenegger. Entrambi i comparti riprenderanno a crescere. «Ma è chiaro che dobbiamo aprire sempre più anche ad altri segmenti».

Si tratta di puntare sul turismo interno, come fatto al momento da altri. Certo che se si abita a Berna si hanno davanti le stesse cose che a Zurigo. «Ecco perché dobbiamo promuoverci di più come metropoli cosmopolita», osserva il dirigente turistico. «Non c'è bisogno di andare a Londra o a Vienna per trovare l'atmosfera metropolitana».

«La generazione Easy Jet» - prosegue lo specialista - «tendeva a fare viaggi in città all'estero, ma ora li fa nella Confederazione. La crescita di gran lunga più forte a Zurigo negli ultimi otto anni è stata quella del mercato per i turisti locali e il principale motore di questa progressione è il suo ruolo di città del tempo libero. In quest'ambito i grandi eventi hanno un ruolo centrale, da Food Zurich ai mercatini di Natale, passando per la Street Parade: non solo attirano gli ospiti dell'hotel, ma ci tengono quasi automaticamente sotto i riflettori».

Zurigo vuole attirare anche di più le famiglie. «Vedo ancora molto potenziale in questo campo», spiega Sturzenegger. «La gente vuole viaggiare. Potrà farlo meno spesso, ma si fermerà più a lungo, quindi porrà maggiore enfasi sulla qualità del soggiorno. Questo è proprio ciò che vogliamo».

A suo avviso l'elevato livello dei prezzi di Zurigo non è solo uno svantaggio. «Ci evita di avere condizioni come quelle di Amsterdam, dove i turisti alcolizzati trascorrono i fine settimana». Alla città di Zwingli manca anche un'attrazione forte. «Il fatto che non abbiamo una Piazza San Marco rende un po' più difficile presentare una narrazione, ma è anche una fortuna: non c'è un luogo dove tutti si affollano. Penso anche che lentamente stia guadagnando terreno l'idea che viaggiare non significhi semplicemente vedere la Tour Eiffel», conclude l'esperto.

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COMMENTI
 

Evry 3 anni fa su tio
Allora portate e vendete le bevande all'estero. Solite lagne dei gastronomi.
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