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BELLINZONA"Gioco perché sono pazzo", Türkyilmaz torna in campo

18.09.14 - 06:59
Kubi ha ripreso le scarpe dal chiodo: "Se dovessi stare a casa, sapete quanti litigi con mia moglie? Ora metto in difficoltà il mister: voglio partecipare attivamente alla promozione dei granata"
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"Gioco perché sono pazzo", Türkyilmaz torna in campo
Kubi ha ripreso le scarpe dal chiodo: "Se dovessi stare a casa, sapete quanti litigi con mia moglie? Ora metto in difficoltà il mister: voglio partecipare attivamente alla promozione dei granata"
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BELLINZONA - Quarantasette anni e non sentirli. Questo è Kubilay Türkyilmaz, bomber di razza il quale, nell'età in cui molti sportivi puntano sul golf o, comunque, su discipline rilassanti, ha deciso di rimettersi in gioco sul rettangolo verde.

L’attaccante ha deciso, dopo anni di partite tra amici e sfide non competitive, di ripartire da Bellinzona. Ha sposato la causa del club granata, che lo lanciò quasi trent'anni fa, tornando a vestirne la casacca nella stagione del dopo Giulini. Ma si tratta di amore o solo di marketing, di voglia di competizione o solo di voglia di dimagrire?

Perché mai un ex campione dovrebbe decidere di misurarsi con compagni e avversari di un paio di decenni più giovani e, per giunta, sul poco ambito (almeno per chi ha visitato gli stadi più prestigiosi d'Europa) palcoscenico della Seconda Lega?

Tanti quesiti, troppi dubbi, per cercare di capire abbiamo punzecchiato proprio il “vecchio” Kubi, che tanto vecchio non è.
“Perché mi rimetto in gioco? Perché sono pazzo – ha sottolineato tra un sorriso e l’altro Türkyilmaz – La passione per il calcio non si è mai spenta e così ho accettato di ricominciare, di ripartire dal Bellinzona e dalla Seconda Lega”.

Cosa ci si deve attendere da un 47enne ex campione?
“Voglio dare una mano alla squadra, voglio giocarmi le mie possibilità e provare a mettere in difficoltà l’allenatore”.

Fermo non sai stare?
“È diverso – ha aggiunto Kubi – non so stare senza pallone. E poi se dovessi stare a casa sapete quanti litigi con mia moglie? Meglio il campo”.

Servette, Bologna, Galatasaray, Grasshopper, Locarno, Lucerna, Bellinzona, Brescia… e potremmo continuare ancora. Il tuo curriculum è lunghissimo. Ma il curriculum sul rettangolo verde non serve…
“Ma questo lo so, è chiaro. In squadra ci sono ragazzi con grandi qualità; la precedenza, per giocare, ce l’hanno loro. Io però non demordo. Mi impegnerò e vedremo che accadrà. Di sicuro non mi allenerò solo per passare il tempo. A qualche partita di campionato voglio prendere parte”.

A Bellinzona, nel gruppo, potrai portare un po’ di esperienza…
“E posso dare qualche consiglio ai più giovani”.

Non è detto che ci sia qualcuno pronto ad ascoltarti. Tu, da ragazzo, hai dato retta ai più vecchi?
“Poco, a dire il vero. Io guardavo. Mi mettevo in un angolo e osservavo. Spero che anche i miei compagni facciano così, spero che mi guardino e che poi trovino il loro modo. Qualche trucchetto, comunque, posso mostrarlo. Toccherà a loro rubarmi il mestiere”.

Com’è stato il ritorno agli allenamenti?
“Da quando ho smesso la casacca del professionista non mi sono fermato del tutto. Ho fatto qualcosina. Certo i ritmi e i carichi di lavoro ora sono molto diversi”.

Che tipo di calciatore sei stato, uno di quelli che arrivava per primo e andava via per ultimo al campo o, invece, uno di quelli che quando poteva marcava visita?
“Nonostante si pensi il contrario, in carriera io mi sono sempre allenato parecchio. Magari non ero uno di quelli che si sottoponeva a sedute incredibili, ma non mi sono mai tirato indietro. E siccome non mi sono mai infortunato seriamente… vuol dire che non ho fatto male. Conoscevo, conosco, il mio corpo, sapevo di cosa necessitava per andare al massimo”.

A 47 anni tornare a faticare significa anche, probabilmente, tornare ad andare d’accordo con la bilancia…
“Ho perso dieci kg”.

Quanti te ne mancano per il peso forma?
“Devo levarne almeno altri cinque”.

Poi sarai pronto per complicare la vita ad Arno Rossini. A proposito: cosa si prova a obbedire a un allenatore bravissimo ma, a differenza di alcuni di quelli da te avuti in passato, non con un pedigree “europeo”?
“Arno mi piace molto: è preparato tatticamente – ha già dato alla squadra una sua identità - e un fine psicologo. E poi è una persona diretta, che ti dice in faccia quel che pensa. Per questo merita rispetto: gli individui diplomatici non fanno per me. Premesso ciò… il mio compito è quello di creargli delle difficoltà. Il mio obiettivo è quello di partecipare attivamente alla promozione del Bellinzona. Certo, esulto quando vinciamo e mi complimento con i compagni ma non voglio solo fare lo spettatore”.

La promozione e poi l’addio?
“Per nulla – ha chiuso Kubi – Io continuo, non smetto più. Finché non mi mandano via dal Comunale, io dal Bellinzona non mi muovo”.

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