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MUSICA"Twerkaholic", per muovere il cervello... e il sedere

03.11.22 - 06:30
Nuovo Ep multilingue per KimBo, rapper cresciuta in Ticino (e che predilige l'italiano)
ANDRE SIEGRIST
"Twerkaholic", per muovere il cervello... e il sedere
Nuovo Ep multilingue per KimBo, rapper cresciuta in Ticino (e che predilige l'italiano)

BASILEA - Cibo per la mente e per il corpo, musica fatta per stimolare i neuroni e... il bacino. C'è tutto questo in "Twerkaholic", il nuovo Ep della rapper KimBo uscito il 28 ottobre per l'etichetta Clithit su tutte le piattaforme di streaming e sugli store online. Alla produzione hanno preso parte Till Ostendarp, Franziska Staubli, Stefano Pettorossi, Al Hug e la stessa Kim Bollag. L'artista, dopo essere cresciuta in Ticino (a Gordola, per la precisione), sta portando avanti la sua carriera musicale a Basilea. KimBo offre un mix di rap, trap, afrobeat, house e reggaeton che s'incastra nella mente e non lascia indifferenti.

Questo Ep, spieghi, è pensato per far muovere il cervello, ma anche il sedere...
«"Twerkaholic" contiene un imperativo: bisogna ballare. Poi dipende da traccia a traccia: nel caso di "Boss Bitch" puoi muoverti un po' sul divano, invece con "Bounce" e "Gira" salti proprio in piedi e dimeni il sedere».

Ci si scatena ma nel contempo si riflette, assicuri.
«Il titolo deriva chiaramente da "workaholic", il termine che designa le persone che sono ubriache di lavoro. Voglio portare l'attenzione in modo critico sul "mantra" di dover consumare il corpo e l'anima per fare di più, per essere sempre meglio... Nel mio Ep metto in questione quello che chiamo "l'ipercapitalismo" che spinge a consumare il mondo e del quale fanno parte anche i social media, che finiscono per consumarci a loro volta. Ci sono altri modi di vedere le cose e per cercare di vivere in questo sistema».

"Gira" parla di social. Siamo forse prigionieri di un algoritmo e abbiamo finito per starci troppo tempo, e non viviamo abbastanza?
«Sì, sto notando che l'algoritmo influenza ciò che vedo oppure no. E questo ha delle conseguenze su come penso, come mi comporto, a cosa voglio dare priorità. E magari è un informatico 25enne della Silicon Valley, che probabilmente non ha i miei valori né i miei interessi, che decide come influenzare me e milioni di altre persone».

Ma per un artista i social non continuano a essere una grande chance?
«All'inizio erano un bel gioco, sono stati il modo per provare a mettersi in scena. Con il tempo però ho capito che sono un grande problema: è stato scioccante sentire le dichiarazioni di una whistleblower di Meta, che ha rivelato come gli istinti suicidi tra i giovani siano aumentati a causa di Instagram».

Un tema importante, ma trattato in maniera accattivante.
«Ho voluto scrivere una canzone leggera, ballabile, con uno sguardo ironico. Senza un po' di umorismo si finisce per stare male (ride, ndr). Ridendoci su, togli un po' del potere che ha lo strumento. Se sono in controllo di me stessa so che alla fine della giornata, se voglio, posso disinstallare l'applicazione e mettere via il cellulare per una settimana».

È l'unico modo di ribellarsi, auto-escludendosi da questo gioco?
«No, lo si può fare anche decidendo di non seguirne le regole. Trovo molto interessanti i contenuti creati dai più giovani, che abbandonano l'idea della falsa perfezione imperante su Instagram e che su TikTok si esprimono in maniera molto più genuina, più umana. Credo che i Gen Z (i nati tra il 1997 e il 2012, ndr) abbiano intuito il pericolo o si siano rotti di come andavano le cose».

"Gira" non è il tuo primo brano in italiano, ma mi sembra che tu ci tenga particolarmente...
«Ci tengo molto all'italiano nella mia musica e continuerò a farlo. Essendo cresciuta in Ticino e avendo sviluppato un rapporto stretto con la cultura ticinese e più in generale italiana, per me è super-importante mantenere questo rapporto con il mondo italofono. Ora vivo a Basilea ma sono perfettamente bilingue, con gli amici parlo tutti i giorni in italiano. A volte scriverlo è un po' più faticoso rispetto allo svizzero-tedesco, ma è talmente bello...».

Troviamo brani cantanti in più lingue: quale trovi sia più congeniale per le tue rime?
«Secondo me è l'italiano quella che si presta meglio. È una lingua fluida, molto bella e non devo mai chiedermi se un verso suoni bene o no: suona sempre bene. Poi sono 15 anni che non vivo più in Ticino e, grazie alle canzoni, sono spronata a cercare qualche parola che magari non mi capitava di usare da tempo. È un'opportunità per rinfrescare il mio vocabolario (ride, ndr)».

Italiano batte svizzero-tedesco, almeno nell'hip hop...
«Mi capita di trovare termini svizzero-tedeschi che sarebbero una bellissima punchline, ma la parola in sé è bruttissima e ci devo pensare su cinque volte. In italiano scorre tutto via, e basta».

Nel mix linguistico di "Boss Bitch" canti: «Guarda un po' qua, questa tipa ha fatto strada». È un messaggio diretto verso qualcuno in particolare? 
«No, è rivolto a me stessa. Mi ricordo di essere fiera di quello che ho ottenuto: i mixtape, Ep, album, i diversi premi vinti, gli show in tutta la Svizzera e all'estero... Nessun sassolino tolto dalla scarpa, in questo caso».

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