Breivik: "Le sue non sono lacrime di rimorso"

Secondo il suo avvocato le lacrime sono legate ai suoi "sentimenti" su "una guerra in Europa"
Secondo il suo avvocato le lacrime sono legate ai suoi "sentimenti" su "una guerra in Europa"
OSLO - Le lacrime apparse oggi negli occhi di Anders Behring Breivik alla prima udienza del processo per la strage di Oslo e di Utoya, sono legate ai suoi "sentimenti" su "una guerra in Europa". Lo ha dichiarato il suo avvocato, escludendo che si tratti di rimorso.
"Il motivo risiede in parte nel fatto che quello che lui ha commesso, che ha descritto come atroce ma necessario, è stato fatto per salvare l'Europa da una guerra in corso - ha spiegato Geir Lippestad -. Erano questi i sentimenti che provava".
"Non riconosco l'autorità della corte" - Così ha esordito in aula Breivik che poi ha aggiunto: "Riconosco i fatti ma non mi riconosco colpevole. Non riconosco i tribunali norvegesi. Avete ricevuto il vostro mandato da partiti politici che sostengono il multiculturalismo. Non riconosco l'autoritá del tribunale". L'uomo aveva detto in precedenza di aver agito per legittima difesa contro il multiculturalismo.
Professione 'scrittore' - Quando gli è stata chiesta dal giudice la sua situazione lavorativa, Breivik si è definito uno scrittore, che attualmente lavora dal carcere.
Le lacrime, ma non di pentimento - Durante la lettura da parte dell'accusa, per oltre un'ora, di tutti i 77 nomi delle vittime degli attacchi del 22 luglio, oltre che della loro età, delle ferite riportate da ciascuno e per ciascuno della causa accertata del loro decesso, di tutti dettagli sui 42 feriti gravi, il 33enne norvegese è rimasto impassibile.
La commozione, visibile, è arrivata invece quando l'accusa ha mostrato su un maxi schermo il video di propaganda di dodici minuti, da lui stesso girato e diffuso in Internet il giorno dell'attacco. Il viso rosso per l'emozione, Breivik si è asciugato le lacrime guardando il video, fatto di foto e disegni raffiguranti per lo più degli islamisti: cioè coloro contro cui ha sostenuto anche oggi di aver agito "per legittima difesa" dell'identità nazionale della Norvegia, secondo lui minacciata.







