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Austria: giovane procuratrice descrive orrori Josef F.

Austria: giovane procuratrice descrive orrori Josef F.
VIENNA - Nonostante la sua giovane età, Christiane Burkheiser, 33 anni, procuratrice al processo a Josef F. a St. Poelten, ha mostrato la maestria di una veterana, con la stoffa anche per un ruolo in un film di tematica forense: ha descritto co...
VIENNA - Nonostante la sua giovane età, Christiane Burkheiser, 33 anni, procuratrice al processo a Josef F. a St. Poelten, ha mostrato la maestria di una veterana, con la stoffa anche per un ruolo in un film di tematica forense: ha descritto con lucidità gli orrori subiti dalla vittima durante 24 anni di prigionia in una cantina-bunker, e affilato come una lama da lanciare ad bersaglio le accuse al padre-carnefice.

"Andava, se la prendeva e se ne riandava", ha sintetizzato l'obbrobrio perpetrato da Josef, 73 anni, su sua figlia Elisabeth, 43, nella cella sotterranea da lui ricavata dietro la cantina di casa. Già il sedondo giorno dopo averla rapita il 29 agosto 1984, quando lei aveva 18 anni, la violentò. I primi nove anni la vittima era tenuta prigioniera, "in parte con tre bambini e uno in arrivo nella pancia", in una cella di 11 mq. Solo dopo Josef allargò la prigione, fino a 60 mq, ma sempre senza finestre e senza ventilazione.

"Non c'era acqua calda, niente doccia, niente termosifone e sorpattutto niente luce del giorno e niente aria fresca". I primi nove anni nel buco sotto terra non c'era nulla oltre a un lavandino, un materasso e un piano cottura.

La Burkheiser, che lo ispezionato due volte, ha descritto con drammatica freddezza le condizioni disumane dell'abitacolo: 1,74 m di altezza nel suo punto più alto, un buco per entrarci di 83 cm per cui bisogna inginocchiarsi. Dentro "c'è un'aria putrida", umidità, muffa e marciume: fatevene un'idea, "annusate gli oggetti", ha detto rivolta agli otto giurati mostrando una scatola di "campioni di odori" presi dal bunker.

L'accusa ha illustrato quindi le circostanze "indescrivibili" in cui la vittima ha dovuto affrontare parti (sette in tutto) da sola nella sua cella: aveva solo un manuale di istruzioni, una coperta non sterilizzata per avvolgere il neonato, una "forbice lurida". Stupri, buio e muffa, ha descritto quell'inferno: e gli stupri avvenivano davanti agli occhi dei bambini. Nel '93 Josef poi mette in scena il primo scaricamento di uno dei figli dell'incesto (costringendo Elisabeth a scrivere una lettera in cui prega la madre di occuparsene). Poi nel '94 il secondo e nel '97 il terzo. Nel '96, in un parto gemellare, uno dei due neonati accusò gravi difficoltà respiratorie e morì. Il padre mostro si era rifiutato di portarlo in ospedale e bruciò il corpicino in una caldaia: "rifiutare aiuto alla sua stessa carne, il suo sangue", questo è omicidio per mancato soccorso, ha attaccato la procuratrice. L'ultimo figlio dell'incesto è nato nel 2002. La liberazione delle vittime è avvenuta il 26 aprile 2006. Fino allora i tre bambini vissuti nella cella non avevano mai visto la luce del sole.

Al dibattimento stamane anche la difesa, con il noto penalista Rudolf Mayer, ha preso la parola replicando all'accusa. "Non siete qui per vendicare nessuno, dovete lasciare da parte le emozioni altrimenti non siete all'altezza del caso", ha ammonito all'indirizzo dei giurati. Ogni cittadino ha diritto a un processo equo, ha detto respingendo la dizione "mostro" per Josef e affermando di essere stato lui stesso minacciato per avere accettato la difesa. Se fosse stato un mostro li avrebbe ammazzati tutti, e invece, alla fine, acconsentì a portare in ospedale la figlia maggiore gravemente ammalata, sapendo che così la vicenda sarebbe venuta alla luce. Mayer ha confutato l'affermazione dell'accusa che Josef non ha avrebbe mai mostrato segni di pentimento: non è vero, per 24 anni il suo cliente era tormentato dai sensi di colpa, ha detto chiedendo ai giurati di "considerare l'imputato come un uomo e di condannarlo per ciò che indubbiamente ha commesso".



ATS
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