L'ombra della "guerra dei pacchi" post-Brexit tra Regno Unito e Unione europea

I social sono stati invasi dalle segnalazioni di utenti alle prese con ritardi, rincari e imprevisti
LONDRA - Ritardi nelle consegne, ordini cancellati, tasse doganali ritoccate e costi gonfiati anche per la comparsa di tariffe inattese. A distanza di poco più di un mese dall'entrata in vigore del nuovo accordo che dovrebbe regolare il libero scambio dei commerci di base post Brexit fra Regno Unito e Unione europea, i consumatori britannici - e non pochi stranieri che risiedono sull'isola - stanno sperimentando sulla propria pelle alcune iniziali conseguenze più indesiderate del divorzio da Bruxelles.
Ritardi e disservizi - Si tratta di conseguenze magari transitorie o minime rispetto ai timori e alle incognite di lungo periodo che incombono sui grandi scenari dell'economia, della finanza, della burocrazia, d'accordo. Sono ugualmente assai fastidiose per la vita individuale dei singoli. Negli ultimi giorni i social media sono stati invasi dalle segnalazioni di decine di utenti che hanno subito imprevisti e ritardi, in qualche misura inaspettati, nei loro ordini provenienti dal Continente. Contrattempi logistici ed economici, riconducibili in ultima analisi all'uscita del Regno dal mercato unico e dall'unione doganale, che giorno dopo giorno continuano ad affiorare in maniera più evidente.
Sul fronte della consegna diffusa delle merci, nelle prime settimane di gennaio diversi spedizionieri - tra i quali DHL, DPD e DB Schenker - avevano temporaneamente sospeso i servizi transfrontalieri in attesa che fossero più chiare le pratiche doganali richieste e i necessari incartamenti. Ma anche adesso che tutte le principali aziende hanno ripreso a operare, non mancano gli intoppi sotto forma di rinvii, rincari a sorpresa, a volte consegne saltate.
Anche per via dei controlli oltremodo meticolosi - al di là del limite del puntiglio in certi casi, sospettano i ministri del governo di Boris Johnson - messi in atto dalle autorità comunitarie e da vari Paesi Ue su una quantità di prodotti in transito verso l'isola. E, chissà, non senza il contributo di qualche speculazione di troppo.
I social sono così diventati il ricettacolo di lamentele e proteste giornaliere di chi si è visto addebitare costi extra, presentati come tariffe o dazi (che non dovrebbero esserci), addebiti addizionali, imposte, per un valore aggiuntivo medio fino a 150 euro.




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