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INTERVISTA: Aperto il primo supermarket gay d'Italia

Maurizio: "Anche con pochi mezzi si può aprire un’attività economica per un pubblico gay."
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INTERVISTA: Aperto il primo supermarket gay d'Italia
Maurizio: "Anche con pochi mezzi si può aprire un’attività economica per un pubblico gay."
Castromarket è il primo negozio in Italia che vende prodotti rivolti ad un pubblico omosessuale. Creato a Milano da due ragazzi che stanno insieme da più di 11 anni e formano quindi una coppia a tutti gli effetti, il negozio si pone il fine di sodd...
Castromarket è il primo negozio in Italia che vende prodotti rivolti ad un pubblico omosessuale. Creato a Milano da due ragazzi che stanno insieme da più di 11 anni e formano quindi una coppia a tutti gli effetti, il negozio si pone il fine di soddisfare tutta una seria di richieste di prodotti che interessano i gay e la cultura omosessuale. Perché esiste una cultura gay, che non è solo quella dei pornoshop. Abbiamo parlato con uno dei due ragazzi che hanno realizzato il progetto, Maurizio.

Innanzitutto cos’è Castromarket?

È un negozio. Il nome deriva dal nome del quartiere gay più famoso del mondo a San Francisco, all’interno del quale si incrociano le due vie gay più famose del mondo la Marketstreet e la Castrostreet. Il negozio si rivolge ad un pubblico esclusivamente omosessuale per cui vendiamo prodotti che hanno un richiamo con questa comunità. Si può comprare la classica bandiera dell’orgoglio gay, quella fatta con i sei colori dell’arcobaleno e su questo tema si sono prodotti molti altri articoli per ogni tipo di esigenza, da accessori per la casa come tazze, bicchieri, portafogli fino all’abbigliamento (canotte, t-shirt, slip, calzini) e ai guinzagli per cani e alle varie idee per regali. L’idea era quella di aprire un negozio rivolto ad un pubblico omosessuale che non fosse necessariamente un pornoshop, ma un negozio con prodotti che hanno o un richiamo con la comunità gay oppure hanno solo simpaticamente dei simboli molto apprezzati da omosessuali.Abbiamo anche importato dall’America o dall’Inghilterra tutti i CD che sono rivolti ai gusti gay: CD di artisti gay, compilation con motivi molto apprezzati dai gay, musica che si suona nelle discoteca gay. CD anche molto rari che si possono trovare per la prima volta nel nostro negozio. Se uno vuole tutti i dischi dei Pet Sho Boys, o dei Village People va alla Virgin Megastore e non li trova, qui da noi ha la possibilità di trovarli. Esiste in effetti una cultura gay musicale, quindi perché non renderla fruibile. Questo è il nostro scopo.

Perché l’idea di aprire un negozio con prodotti indirizzati a gay?
Innanzitutto lo siamo noi. Siamo una coppia gay da più di 10 anni. Inoltre ci siamo accorti che in Italia le attività economiche rivolte agli omosessuali sono tutte nel settore del divertimento notturno. Non esistono attività economiche collegate alla vita quotidiana. Infatti in Italia esistono pochissimi o quasi per niente alberghi, ristoranti, caffè rivolti ad un pubblico gay. La nostra idea era appunto quella di aprire per la prima volta uno sbocco anche a tutte quelle produzioni di compagnie gay che ci sono ormai in tutto il mondo e che invece in Italia non avevano nessuno possibilità commerciale. Inoltre diffondere la cultura gay permette anche di far conoscere i gay. . Negli Stati Uniti ad esempio molti mettono sulle targhe e sulle loro valige da viaggio il manifesto della bandiera gay. Così facendo si rendono visibili e riconoscibili instaurando amicizie e conoscenze anche con altri gay. In fondo il problema più importante è quello della solitudine e così facendo si mette un po’ di margine al problema.

Ma aprire un negozio rivolto esclusivamente ad un pubblico omosessuale non contribuisce ulteriormente alla ghettizzazione del gay?
Questa è un po’ la domanda che ci fanno tutti. Risponderei di no. Se io avessi aperto un negozio di chincaglieria indiana nessuno mi avrebbe posto questa domanda perché nessuno si sarebbe posto il problema della ghettizzazione della cultura indiana. Ma ogni volta che gli omosessuali organizzano un’attività economica puntualmente si parla di ghettizzazione. Questo è un problema più degli eterosessuali che ogni volta che facciamo un’attività di gruppo hanno il sospetto che vogliamo ghettizzarci. In fondo la società è un insieme di identità quindi non vedo perché il gay non debba essere un’identità dell’insieme.

Voi siete una coppia che sta insieme da più di 11 anni. Prima vivevate a San Francisco ora a Milano. Com’è vivere da gay a San Francisco e vivere da gay a Milano?
San Francisco che a volte è tacciata come ghetto in realtà si rivela un paradiso per gli omosessuali, proprio per le possibilità di socializzazione che i gay hanno. Da noi purtroppo le socializzazioni tra gay avvengono solo in un contesto di competizione estetica: quindi la discoteca vera fiera della vanità, oppure in un posto dove si fa sesso. In Italia fare sesso omosessuale è facilissimo, molto più facile che non negli Stati Uniti, avere invece relazioni omosessuali sia di carattere sentimentale sia di carattere amicale diventa difficilissimo. Qui l’omosessualità è vissuta o come una moda, per cui si vive tra i 20 e i 30 anni nelle discoteche e poi ci si sposa fingendo per il resto della propria vita, o come ghetto rinchiudendosi la domenica pomeriggio in un cinema a luci rosse o in una sauna. Credo che sia più ghettizzante questo che non il nostro negozio.

Avete incontrato difficoltà per aprire il negozio?
No, direi di no. Anche la gente del quartiere non sembra aver reagito male. In fondo a Milano tutti si fanno un po’ gli affari propri. Molti negozianti del quartiere sono venuti a farci gli auguri, anche perché il locale non si presenta come un posto losco.

Avete anche in sito Internet dove è possibile acquistare i prodotti
Sì, ma è ancora in fase di allestimento. Nelle prossime settimane può essere fruibile a tutti gli effetti. Internet è stato sicuramente una rivoluzione anche per i gay, per i quali rappresenta una delle poche possibilità di incontrarsi. Internet esprime proprio questo bisogno di voler comunicare, di volersi incontrare e crea quindi questa comunità gay, che seppur purtroppo solo virtuale, sente il bisogno di associarsi. C’è però l’altra parte della medaglia. Siccome non si vuole rinunciare a certe garanzie Internet permette di rimanere invisibili e quindi è più facile restare nell’anonimato della virtualità che aprire un caffè con dei tavolini all’aperto.

In 11 anni a San Francisco che cosa avete imparato?
Abbiamo imparato a stare molto bene tra omosessuali e a capire che si può vivere molto bene con i propri simili, dimenticando per un attimo tutti i problemi che gli eterosessuali a volte ci creano. Ci tendo però a precisa qualcosa. Quello che vorremo dimostrare, e che in fondo abbiamo imparato proprio negli Stati Uniti, è che anche con un budget limitato si può tranquillamente creare un’attività economica ricolta ad un pubblico gay. Anche con pochi mezzi un gay, se possiede capacità imprenditoriali, può realizzare di aprirsi un attività, anziché continuare a sognare di diventare ballerino o stilista.

Sal Feo

Foto TiPress

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