Peli in faccia e pinne ai piedi: «Difendo la foto della "discordia"»



Il fotografo ticinese Andrea Cometta è ingabbiato in un contenzioso giudiziario che si trascina da ormai 15 anni e che rischia di rovinarlo.
Il fotografo ticinese Andrea Cometta è ingabbiato in un contenzioso giudiziario che si trascina da ormai 15 anni e che rischia di rovinarlo.
LUGANO - Peli in faccia e pinne ai piedi non potevano passare inosservati a Lugano. Davanti al Tribunale d'appello il fotografo ticinese Andrea Cometta si è esibito questo pomeriggio, a partire dalle 14 quando è spuntato dietro i portici in Via Pretorio con passo felpato, in una performance artistica con un chiaro obiettivo: denunciare quella che lui considera un'ingiustizia contro la sua persona e il suo lavoro.
Il fotografo si trova infatti ingabbiato in un contenzioso giudiziario che si trascina da ormai 15 anni. Oggetto della contesa: una fotografia (della discordia) di nudo sequestrata dalla magistratura in una Galleria d’arte di Genova. Foto che cinque anni prima era stata esposta in una mostra di Cometta alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna. Tutto normale se non fosse che il soggetto nudo - lo scultore Giovanni Rizzoli - non avrebbe dato il suo consenso alla pubblicazione.
La questione ruota attorno al riconoscimento o meno da parte della giustizia italiana del valore artistico della fotografia. «La presenza in un museo esimerebbe l'artista dalla responsabilità penale. In sostanza l’artista non avrebbe più bisogno del consenso per utilizzare la stessa foto nell’ambito della propria ricerca e per quanto riguarda esposizioni e pubblicazioni», spiega Cometta.
E ancora: «Nonostante questa implicita dichiarazione, che la foto sia un’opera d’arte essendo stata esposta in una sede artistica, i giudici italiani non la ritengono arte».
La Corte di cassazione di Roma, che ha condannato il ticinese, non riconosce alla fotografia oggetto della causa contro di lui lo status di opera d’arte fotografica, ma la considera una qualunque istantanea che ritrae una persona nella sfera della sua vita privata.
«Sono stato condannato a pagare 33mila euro alla persona ritratta nell'immagine», continua il fotografo. «Un artista non naviga nell'oro. In questo momento non posso esibire le mie foto in Italia perché appena espongo qualcosa oltre il confine mi viene sequestrato. Dopo la condanna della corte di Cassazione i soldi sono esigibili anche in Svizzera. Rischio il pignoramento. Ho paura che le mie opere vengano svendute sul mercato. Sarei rovinato».
Cometta, nella sua performance, ha fermato i curiosi e i passanti per spiegare il motivo della sua insofferenza. Per chi desiderava dare un contributo alla sua causa, l'artista vendeva collage di sue fotografie a un prezzo tra i 5 e i 10 franchi per raccogliere la somma (400 franchi) che il Tribunale di Roma esige da lui entro il 10 luglio.