Dure le critiche da parte degli attivisti per il clima: «Si rischia una valanga di ricorsi e lo stop della transizione energetica»
BELLINZONA / BERLINO - Fa discutere la richiesta di risarcimento inoltrata alla Germania dall'Azienda elettrica ticinese (AET). Il fornitore ticinese di energia ha chiesto 85,5 milioni di euro più il 4% di interessi per la chiusura di una centrale a carbone situata a Lünen, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, di cui detiene delle partecipazioni. La citazione in giudizio è avvenuta in relazione alla decisione presa da Berlino di abbandonare il carbone. Stando ad AET, ha investito poco più di 23 milioni di euro nel progetto della centrale elettrica.
Un precedente rischioso - Gli attivisti per il clima temono ora che questo caso possa portare a ulteriori azioni legali, ritardando l'eliminazione graduale dell'energia a carbone e quindi la transizione energetica verso le fonti rinnovabili. Oggi un rapporto pubblicato da otto organizzazioni non governative - tra cui PowerShift, WWF e Alliance Sud - spiega le ragioni, discutibili dal loro punto di vista, che hanno portato AET a chiedere un risarcimento. «Se AET ottenesse ragione in questo procedimento, ciò metterebbe in discussione l'architettura dell'uscita dal carbone in Germania e potrebbe portare ad altri ricorsi dinanzi a tribunali arbitrali da parte di imprese del settore del carbone. Altre nove centrali a carbone in Germania hanno azionisti stranieri che, in caso di successo di AET, potrebbero rivolgersi a un tribunale arbitrale», si legge nella nota diffusa.
Stando a quanto riportato la centrale a carbone di Lünen ha registrato perdite ogni anno dalla sua costruzione e dunque AET chiede un risarcimento per un impianto in deficit, che secondo le ong «dovrebbe rimanere tale». Si legge poi che un referendum ha costretto AET a cedere la sua partecipazione nella centrale a carbone entro il 2035; nonostante ciò, vuole essere risarcita per i guadagni ipotetici della centrale fino al 2053 perché «il valore dell'investimento originario è stato valutato sulla base dell'intero ciclo di vita dell'impianto», ha dichiarato al Tages-Anzeiger.
Il destino della centrale era già segnato secondo il WWF - Un fallimento prevedibile per Francesco Maggi, direttore del WWF Svizzera italiana. Dal suo punto di vista era stato annunciato già «prima della sua costruzione. Il WWF aveva chiaramente messo in guardia AET e il Cantone Ticino contro questa decisione irrazionale dal punto di vista economico e dannosa per il clima. Invece di assumersi le proprie responsabilità, AET scarica ora la responsabilità del proprio fallimento sulla politica climatica tedesca e chiede un risarcimento danni. Un simile atteggiamento è indegno di un ente di diritto pubblico. Il Cantone Ticino deve porre fine a questa farsa e chiedere conto ai responsabili».
Un investimento controverso fin dall'inizio dunque e non privo di critiche già nel 2008. I Verdi ticinesi raccolsero firme a favore dell'uscita dall'investimento. Sulla questione si era poi espressa la popolazione che aveva respinto l'iniziativa dei Verdi e accettato la controproposta che prevedeva l'uscita dal carbone entro il 2035. Cinque anni più tardi il Consiglio federale ha presentato la Strategia energetica 2050 con la promozione delle energie rinnovabili.
In tutto AET ha investito circa 24 milioni di euro nella centrale a nord di Dortmund ed è proprietaria di circa il 16% dell'impianto. È operativa dal 2013 e secondo l'azienda è «una delle centrali a carbone più moderne ed efficienti della Germania».
La Germania ha però deciso di eliminare gradualmente il consumo di questa materia prima: sebbene dalla sua combustione si ottenga calore, produce enormi quantità di anidride carbonica. Secondo i piani del governo tedesco l'ultimo impianto dovrebbe spegnersi nel 2038. Il "problema" è che la legge tedesca non prevede alcuna compensazione per la sua disattivazione e AET non è disposta ad accettarlo. Per l'azienda non significa mettere in discussione il phase-out del carbone, «ma chiedere un'equa compensazione economica».