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Il tramonto dei bar non risparmia il Ticino: «Ho perso il 60% del fatturato»

L'impatto della diminuzione del consumo di alcol in Svizzera e le nuove abitudini dei giovani pesano sulle spalle dei locali ticinesi.
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Il tramonto dei bar non risparmia il Ticino: «Ho perso il 60% del fatturato»
L'impatto della diminuzione del consumo di alcol in Svizzera e le nuove abitudini dei giovani pesano sulle spalle dei locali ticinesi.

LUGANO - “Stessa storia, stesso posto, stesso bar” cantavano gli 883 in uno dei loro brani più iconici. La storia però, al bar, sembrerebbe essere cambiata. E non in meglio (almeno non per i gestori dei locali). Il consumo di alcol in Svizzera sta infatti diminuendo. Lo dicono i dati dell’Ufficio federale di Statistica. In un’inchiesta pubblicata nel 2022 “solo” l’8,6% della popolazione svizzera ha consumato alcol almeno una volta al giorno. Una quota fortemente diminuita dal 1992 (20,4%) e il consumo è passato a una o più volte a settimana. 

Due estremi - E in Ticino? Nel nostro cantone emergono due dati rilevanti. In primis, la quota ticinese di persone che bevono alcol quotidianamente svetta nel confronto nazionale con il 16,5% della popolazione (su una media di 8,6). Parallelamente però il Ticino detiene anche la percentuale maggiore di persone astemie (20,6%). Insomma due estremi difficili da decifrare. Ma quali cause si nascondono dietro questi dati? E quali sono le implicazioni sul territorio?

Ufficio federale di statistica

I locali ne risentono - Impossibile non pensare a una ripercussione anche per gli stessi bar e locali che, chiaramente, fanno della vendita di alcolici la fonte principale e vitale dei propri introiti. Una situazione analoga allo Sport Café di Locarno, anche se per l'amministratore Luca Panizzolo le ragioni sono puramente economiche. «I giovani bevono prima di arrivare al bar. Spesso alla mattina ritrovo le bottiglie e i cartoni di birra che hanno comprato alla Denner oppure alle pompe di benzina, davanti al locale». Insomma, i giovani bevono, ma non lo fanno più al bar. «Ordinano magari una Coca Cola e rimangono lì tutta la sera». 

Non è solo una questione di abitudini - La ragione? «Un potere d’acquisto che praticamente non esiste più. Tutto diventa più caro, a partire dai premi di cassa malati, la prima abitudine a “farne le spese” è la birra al bar». Panizzolo punta il dito contro la politica incapace, a suo avviso, di trovare una soluzione. «I grossi eventi, come il capodanno in piazza e la rotonda, non ci aiutano. Siamo in ginocchio».

«Siamo in ginocchio» - Da Locarno a Bellinzona, la situazione non cambia. «Dopo la pandemia Covid abbiamo perso quasi il 60% del nostro fatturato», ammette il gerente del Viale di Bellinzona. Si tratta di numeri impressionanti che mettono in ginocchio anche lo storico locale della capitale. «Non so più cosa inventarmi. Posso confermare che il consumo di alcolici è diminuito davvero in modo drastico».

Si consuma davvero meno alcol? - Una questione puramente economica oppure il cambiamento è dovuto alle nuove abitudini dei giovani? «Al contrario di noi, i grandi magazzini come Aldi, Coop e Denner hanno aumentato il fatturato sugli alcolici». Secondo il gerente del Viale le abitudini sembrano essere cambiate. «La gente beve a casa prima di recarsi al bar e poi eventualmente esce per socializzare. Noi non abbiamo più nessuna esclusiva, tutto quello che trovi in un bar lo trovi in qualunque negozio oppure lo puoi preparare a casa».

Il ruolo sociale del bar - Il discorso si fa però più ampio. «Abbiamo perso un'identità. Noi, più che vendere un prodotto, diamo la disponibilità alle persone di incontrarsi. Ma la socialità oggi è sempre meno voluta, sia da parte della politica sia da parte del consumatore». E la colpa, secondo il gerente, è da imputare ai social media. Questa tendenza ha un nome preciso: botellòn. In gergo? Si tratta dell’abitudine, iniziata in Spagna, dei giovani di riunirsi in spazi aperti per consumare alcolici portati da casa, acquistati nei grandi magazzini. «Avevo contestato questa situazione facendo notare alla polizia che forse era il caso di proibire il consumo di alcol all'esterno delle aree pubbliche come invece accade negli Stati Uniti. Siamo molto penalizzati da questa situazione».

C'è chi sopravvive - La voce fuori dal coro invece di leva dal bar Oops di Lugano. Complice forse la vicinanza con l'Università della Svizzera italiana, il locale luganese non sembra riscontrare i problemi elencati dai colleghi sopracenerini. «Non abbiamo riscontrato una diminuzione importante nel consumo di alcol», ci ha spiegato il gerente. «Nel mio caso specifico la sensazione è che niente sia cambiato. Gli studenti tendono sempre a spendere meno per mangiare e di più per la birra o lo spritz. Non vedo però un disinteresse nell'alcol». L'unica differenza? «Quello che posso notare è che molti clienti preferiscono sempre più i cocktail alla birra».

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