La denuncia di Luca Torriani, fisioterapista che per ben 18 anni ha lavorato all'ospedale di Acquarossa: «Storia di un vero calderone».
ACQUAROSSA - «Per me è stata una scelta difficile. A un certo punto ho capito che un professionista non poteva tacere». Luca Torriani, 45 anni, è un fisioterapista di Biasca. Per ben 18 anni ha lavorato all'ospedale di Acquarossa. Fino al 2023, quando si è dimesso. Oggi, in un' autopubblicazione dal titolo "Storia di un salvataggio apparente" racconta il presunto declino della struttura bleniese. E lo fa in un momento in cui la pianificazione ospedaliera è di nuovo sotto la lente della politica cantonale.
Torriani, lei punta il dito contro la scelta di abbandonare la geriatria acuta decisa nel 2015 ed entrata in vigore nel 2018. Perché?
«Perché all'opinione pubblica è stata venduta come una scelta vincente. Non è così purtroppo. Ha generato solo caos. La geriatria acuta di Acquarossa è stata spostata a Locarno. Reparto che esiste pure a Mendrisio e alla Moncucco di Lugano. In ospedali come quello di Acquarossa sono stati introdotti i cosiddetti reparti acuti di minore intensità».
Teoricamente è una riorganizzazione che doveva portare più efficienza e maggiori risparmi. Non è così?
«I quadri hanno la tendenza a dire che va tutto bene. Ma dovreste sapere cosa si pensa nei reparti. Alle dieci e mezza di mattina c'erano ancora un sacco di pazienti a letto non lavati. Ad Acquarossa abbiamo perso 13 posti di lavoro a causa di questa nuova pianificazione, soprattutto infermieri. Se ne è andato circa il 10% del personale. Bastava che una persona fosse assente e si andava in tilt».
Eppure sulla carta il compito doveva diventare più semplice, o no?
«Sapete cosa significa avere pazienti dei reparti acuti di minore intensità? Contrariamente alla geriatria acuta, è un calderone. C'è un po' di tutto, ma niente di specifico. Anche pazienti psichiatrici».
Con la nuova pianificazione il costo medio del paziente per giornata è però calato.
«Sì. Ma nemmeno di tanto. E poi c'è un effetto secondario. I pazienti dei reparti acuti di minore intensità generano meno introiti. E quindi anche le finanze dell'ospedale peggiorano».
Cosa ne consegue?
«La paura di ulteriori tagli. Figuratevi che per i pazienti dei reparti acuti di minore intensità la degenza media prevista è di circa 21 giorni. Ci sono pazienti che potrebbero andare a casa dopo 15 giorni. Ma si tende a tenerli lì ancora una settimana. Per rispettare la media. Si fa di tutto per tenerli lì».
Così si alzano i costi della salute inutilmente.
«Non ha senso se si pensa ai costi della sanità. Ma mettetevi nei panni di medici e infermieri: se i pazienti vanno a casa i reparti sono mezzi vuoti».
Non ha senso. Da una parte si è stressati per il troppo lavoro. Dall'altra si tiene in ospedale gente che non ne ha più bisogno.
«Questo accade perché si ragiona a compartimenti stagni. Ognuno pensa ai propri interessi».
La sento amareggiato.
«Lo ripeto: è una riorganizzazione che ha fatto male anche ai pazienti. In certi periodi può capitare che non vedano il medico per alcuni giorni di fila. Accade quando il medico deve gestire anche il pronto soccorso, che ha la priorità. Con questo sistema ne va sia della qualità delle cure, sia del benessere del personale. No, io non potevo più stare zitto».