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Oltre 370 firme per 111 persone prive di statuto

Il collettivo R-esistiamo ha consegnato anche una lettera ai consiglieri di Stato: «Abbiate coraggio»
Collettivo R-esistiamo
Fonte Collettivo R-esistiamo
Oltre 370 firme per 111 persone prive di statuto
Il collettivo R-esistiamo ha consegnato anche una lettera ai consiglieri di Stato: «Abbiate coraggio»
BELLINZONA - Il collettivo “R-esistiamo” ha consegnato alla cancelleria di Bellinzona oltre 370 firme «per sostenere le 111 persone prive di statuto e dare loro un permesso di soggiorno come caso di rigore».Insieme alle firme, è stata consegn...

BELLINZONA - Il collettivo “R-esistiamo” ha consegnato alla cancelleria di Bellinzona oltre 370 firme «per sostenere le 111 persone prive di statuto e dare loro un permesso di soggiorno come caso di rigore».

Insieme alle firme, è stata consegnata una lettera indirizzata ai consiglieri di Stato: «In Svizzera - si legge - ci sono circa 3000 persone beneficiarie del regime dell’aiuto d’urgenza. In Ticino sono, circa, 111 persone. La loro domanda d’asilo è stata respinta dalla SEM, poi dal TAF. La maggior parte di loro provengono da Paesi come Afghanistan, Iran, Iraq, Eritrea, Etiopia…Paesi dove non è possibile eseguire il rimpatrio forzato, pratica peraltro vergognosa e di una violenza inaudita. 111 non è solo un numero, dietro a questa cifra, infatti, ci sono delle persone».

Per il collettivo «sostenere un decreto di rigore sarebbe un atto di responsabilità. Firmare un rifiuto di caso di rigore equivale a sostenere questo sistema che disumanizza le persone, che le condanna a una vita di seconda o terza categoria, che le condanna alla mera sopravvivenza anziché permettere loro di vivere. Voi potete agire diversamente».

Gli autori della lettera chiedono ai componenti dell’esecutivo «il coraggio e la lungimiranza di sostenere i casi di rigore delle 111 persone senza alcun statuto e dare loro un permesso di soggiorno».

Nella stessa occasione, i membri del collettivo hanno consegnato al medico cantonale il libro “Migralgie – Le chemin de l’exil, un continuum de violence” «scritto da alcuni suoi colleghi medici che hanno ben compreso come le condizioni e il contesto in cui sono costretti a vivere i profughi in Svizzera li faccia ammalare».

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