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«Vogliono farci lavorare fino alla tomba? No grazie!»

Sondaggio UNIA: il 99% degli oltre 5000 intervistati si dice contrario alla riforma AVS 21.
Foto TiPress
«Vogliono farci lavorare fino alla tomba? No grazie!»
Sondaggio UNIA: il 99% degli oltre 5000 intervistati si dice contrario alla riforma AVS 21.
LUGANO - «Vogliono farci lavorare fino alla tomba? No grazie!». Questa, in estrema sintesi, la risposta data da oltre 5000 lavoratrici e lavoratori dell’industria e del commercio al dettaglio nell’ambito di una consultazione p...

LUGANO - «Vogliono farci lavorare fino alla tomba? No grazie!». Questa, in estrema sintesi, la risposta data da oltre 5000 lavoratrici e lavoratori dell’industria e del commercio al dettaglio nell’ambito di una consultazione promossa da Unia Ticino sulla riforma AVS 21, in votazione il prossimo 25 settembre. «Un’iniziativa molto ben accolta e che si è rivelata un successo e un interessante esercizio democratico» fanno sapere attraverso una nota.

 Denominata “La democrazia sui posti di lavoro”, «l’azione ha infatti permesso di dare voce alla classe lavoratrice del nostro cantone, anche a quella parte che non ha diritto di voto a causa del proprio statuto migratorio. Lavoratrici e i lavoratori stranieri, residenti e frontalieri, per la prima volta hanno potuto manifestare la loro opinione, seppur attraverso una votazione simbolica, su una riforma che se dovesse malauguratamente passare, avrebbe degli effetti nefasti sulle donne e sulle classi più deboli».

 Il 98.81% dei 5474 votanti ha espresso la propria contrarietà alla riforma. «Le ragioni di questo risultato plebiscitario risiedono soprattutto nella diffusa contrarietà a far lavorare le donne un anno in più dopo una vita di sacrifici e discriminazioni sui posti di lavoro come a casa - scrivono da UNIA - in fabbrica, come in un supermercato, il lavoro consuma e le condizioni sono pesanti da sopportare, soprattutto se ad esso si somma un secondo lavoro, per esempio di cura familiare a cui le donne sono spesso destinate».

È per questa ragione che - spiegano i rappresentanti del sindacato - le lavoratrici e i lavoratori coinvolti hanno contestato fermamente il mito dell’allungamento della speranza di vita, perché è chiaro a tutte e tutti che è la speranza di vita in buona salute a dover essere considerata. E purtroppo - fanno notare - essa si aggrava in maniera più rilevante dopo i 60 anni per le persone che durante la loro vita hanno fatto lavori più duri e fisicamente pesanti, o per coloro che a causa di una situazione di reddito svantaggiosa non hanno avuto pieno accesso a cure mediche di qualità».

Le lavoratrici e i lavoratori contestano «i peggioramenti previsti da AVS anche perché consapevoli che questa riforma è solo l’anticamera di un aumento generalizzato per tutti dell’età di pensionamento».

Un altro elemento determinante evocato dalle lavoratrici e dai lavoratori è infine «anche quello della disoccupazione tra i lavoratori anziani, che notoriamente faticano enormemente a rientrare nel mercato del lavoro dopo un periodo di inoccupazione».

 

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