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«Basta fingere che l'odio sul web non sia un problema serio»

CANTONE«Basta fingere che l'odio sul web non sia un problema serio»

23.02.22 - 07:32
Rabbia in rete: la consigliera nazionale Greta Gysin e lo specialista Alessandro Trivilini su Piazza Ticino.
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«Basta fingere che l'odio sul web non sia un problema serio»
Rabbia in rete: la consigliera nazionale Greta Gysin e lo specialista Alessandro Trivilini su Piazza Ticino.
Violenza virtuale: il fenomeno è in aumento. E ora si chiedono risposte concrete al Consiglio federale. Guarda il video.

Una svolta concreta? – Ospite con lei sulla piazza virtuale di Tio/20Minuti, anche Alessandro Trivilini, specialista in nuove tecnologie. Ci sarà davvero una svolta concreta? «I tempi sono maturi – chiosa l'esperto –. Andiamo incontro a un'era digitale sempre più improntata sulla protezione dei nostri dati personali. I colossi del web saranno costretti a conservare i dati là dove vengono raccolti. In Svizzera, contrariamente ad altri Paesi, abbiamo già un trend legale che condanna la calunnia e la diffamazione. È un vantaggio». 

«Una sofferenza reale» – Ma chi sono le vittime dell'odio in rete? «Molto spesso persone esposte pubblicamente – dice Gysin –. Politici, personaggi dell'economia, giornalisti. Sovente si tratta di donne. Constatiamo che a commettere violenza molte volte sono uomini. Per quanto virtuale sia, la violenza in rete è profonda quanto quella fisica. La sofferenza che si crea è reale. E si arriva anche a conseguenze estreme. In Svizzera c'è stata una ragazzina di 13 anni che si è suicidata in seguito al bullismo in rete».

«Economia circolare dell'odio» – «Non bisogna banalizzare – precisa Trivilini –. Non ci deve essere differenza tra online e offline. I social d'altra parte sono costruiti per colpire le nostre emozioni. C'è una sorta di economia circolare dell'odio. Le persone accumulano rabbia nella vita quotidiana e poi vanno in rete convinte di potere scrivere qualsiasi cosa, dimenticandosi delle conseguenze sulle vittime».

«Io stessa vittima di violenza» – Secondo Gysin, che in passato ha collaborato con un'associazione dedicata alle vittime del bullismo in rete, la maggior parte delle offese sul web avverrebbero con profili o nomi anonimi. «Io stessa sono stata vittima di commenti violenti. Sono una persona esposta, con idee profilate e chiare. Cerco di proteggermi non leggendo mai i blog quando c'è un contenuto che mi riguarda. Perché so che lì ci sono commenti che mirano alla persona. E poi mi prendo i miei periodi offline, in cui non guardo né computer, né telefonino. È importante in un mondo iper digitalizzato».

«Pensiamo alle generazioni future» – «Scuola e formazione saranno fondamentali nel prossimo decennio – dice Trivilini –. Servono consapevolezza e responsabilità. Anche in famiglia. Dobbiamo pensare alle future generazioni. Come ci si deve comportare di fronte a un atto di violenza online? E che responsabilità abbiamo? Le condizioni d'uso vanno sempre lette». «La violenza in rete – aggiunge Gysin – non riguarda comunque solo i giovani. Spesso concerne anche persone di una certa età. È nei giovani però che troviamo il potenziale maggiore per la prevenzione. Per troppi genitori inoltre il web è qualcosa di sconosciuto. Non sanno cosa fanno i loro figli». 

«Servono delle regole» – Quanto conta la frenesia sempre crescente del web? «Tantissimo – replica Trivilini –. Lo scopo degli algoritmi è quello di mettere a confronto le persone. Spesso ne nascono scontri. È importante che qualcuno riesca finalmente a mettere delle regole a tutto questo. Alcune persone sottovalutano il problema. Finché non vengono loro stesse coinvolte. A quel punto si rendono conto della serietà della situazione». «Noto che c'è sempre più sensibilità anche da parte di altri politici – ammette Gysin –. Il problema è grave. Urgono risposte in fretta. Dobbiamo fare di più anche per quanto riguarda la tutela delle vittime».  

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