«Aziende in fallimento, il Cantone faccia qualcosa»

La Camera di commercio e l'Associazione imprese familiari chiedono aiuto al governo
BELLINZONA - Troppo rigore nei casi di rigore. La linea "del 40 per cento" tracciata da Berna per le aziende in difficoltà (solo quelle con un calo del fatturato del 40 per cento o più possono accedere agli aiuti) va stretta alle associazioni degli imprenditori. Che scrivono al governo ticinese, chiedendo un intervento.
La Camera di Commercio del canton Ticino (Cc-Ti) ha lanciato questa mattina un appello al Consiglio di Stato. L'organizzazione mantello dell'economia, assieme all'Associazione delle imprese familiari (AIF), chiede al Cantone di «colmare le lacune lasciate scoperte» dall'intervento federale.
Il governo cantonale, si legge nella lettera, dovrebbe «allestire senza indugi un piano d'intervento come già fatto in altri cantoni». Diverse aziende a rischio fallimento avrebbero già «espresso tutte le proprie preoccupazioni» per la decisione del Consiglio federale di non ampliare le maglie dei casi di rigore. Le aziende con un calo del fatturato del 39 per cento, sottolineano le associazioni di categoria, in questo momento «devono arrangiarsi da sole» così come quelle che «purtroppo non rientrano nei settori privilegiati dalle norme».
L'intervento cantonale, sollecitano Cc-Ti e AIF, sarebbe «nell'interesse di tutti e non solo delle aziende medesime» per «salvaguardare il tessuto economico come previsto dalla Costituzione cantonale».




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