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Medici guariti dal virus: «Sono tornati al lavoro»

Ma il dottor Merlani è cauto sull'evoluzione dell'epidemia in Ticino: «Imprevedibile». L'intervista.
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Medici al lavoro alla Carità
Medici guariti dal virus: «Sono tornati al lavoro»
Ma il dottor Merlani è cauto sull'evoluzione dell'epidemia in Ticino: «Imprevedibile». L'intervista.
BELLINZONA - La luce in fondo al tunnel? È presto per vederla. Il medico cantonale Giorgio Merlani conferma la sua prudenza ormai quasi proverbiale, nel giorno in cui - dopo un rallentamento di quattro giorni - i contagi da coronavirus sono to...

BELLINZONA - La luce in fondo al tunnel? È presto per vederla. Il medico cantonale Giorgio Merlani conferma la sua prudenza ormai quasi proverbiale, nel giorno in cui - dopo un rallentamento di quattro giorni - i contagi da coronavirus sono tornati a crescere oltre confine. Non fornisce dati sulle persone guarite in Ticino - «sarebbero stime inattendibili» - e non si sbilancia in previsioni. «La curva non cresce più esponenzialmente» conferma. «Ma si tratta di modelli matematici. La realtà è imprevedibile». 

Insomma, le misure decise dal governo funzionano o no?

«Una cosa è certa. Se si introduce un virus in una comunità e non si fa niente, la diffusione è esponenziale. Una singola persona infetta ne contagia due, tre, e in trenta giorni diventano oltre quattrocento. Azzerando la mobilità, i contagi si stabilizzano». 

È quello che sta avvenendo in Ticino? 

«Abbiamo assistito a un rallentamento. La curva dei contagi non presenta più una crescita esponenziale, ma lineare. Tuttavia è presto per tirare conclusioni su quando arriverà il picco». 

In Lombardia i contagi sono tornati a salire, dopo quattro giorni in frenata. 

«Il Ticino ha numeri molto più piccoli, quindi le cifre possono variare molto, un giorno duecento e un altro cinquanta. Fare delle statistiche è più difficile. Quello che è certo è che ridurre gli spostamenti è la cosa giusta da fare». 

Sulle persone guarite, però, non fornite dati. 

«Non sarebbero attendibili».

Perché? 

«Si tratterebbe unicamente di stime. Potremmo calcolare il numero delle persone risultate positive e presupporre che, se trascorsi 14 giorni non sono state ricoverate, siano guarite. Ma la verità è che ognuno ha i suoi tempi di guarigione. L'unico modo per avere un dato reale sarebbe chiamare ogni singolo paziente, un lavoro infattibile al momento». 

Quindi il quadro rimane a tinte fosche. 

«Quello che possiamo dire è che diverse persone sono guarite. Anche alcuni pazienti ricoverati in terapia intensiva, che sono stati dimessi. Abbiamo dei medici che erano risultati positivi, sono guariti e al momento sono già tornati al lavoro». 

Il personale sanitario è sotto pressione. I sindacati chiedono tutele. Quali sono i rischi di contagio per chi lavora in prima linea?

«Tutto il personale è formato e attrezzato per lavorare in sicurezza. Il rischio di contagio esiste, ma è molto basso. Abbiamo avuto dei casi, una parte dei quali era però riconducibile a contagi avvenuti fuori dal lavoro». 

In tutto, quanti medici e infermieri sono risultati positivi ai test?

«È presto per fare una statistica. In Lombardia il dato è attorno al 10 per cento della forza lavoro, ma non è riferibile al Ticino perché oltre confine si sono commessi degli errori, trattando pazienti positivi senza che fossero diagnosticati come tali, e quindi senza le precauzioni necessarie. I tamponi sul personale sanitario a ogni modo vengono effettuati con criteri più larghi, anche senza sintomi gravi o accentuati». 

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