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LUGANO«Il mio ex diceva che ero un cesso, e non mi lasciava uscire di casa»

30.09.19 - 09:45
Vittime di narcisisti perversi: la toccante storia di una 40enne ticinese. La specialista: «Molte donne preferiscono il silenzio». Lo psicologo: «Questi sono uomini molto insicuri» 
«Il mio ex diceva che ero un cesso, e non mi lasciava uscire di casa»
Vittime di narcisisti perversi: la toccante storia di una 40enne ticinese. La specialista: «Molte donne preferiscono il silenzio». Lo psicologo: «Questi sono uomini molto insicuri» 

LUGANO – Sono come Dottor Jekill e Mister Hyde. In alcuni momenti sono dolci, premurosi. In altri sono aggressivi, denigranti, possessivi, tendono a offendere il partner. Sono i narcisisti perversi. E Laura (il vero nome è noto alla redazione), 40enne luganese, ne ha avuto a lungo uno in casa. La sua è una storia tristemente emblematica. «Il mio ex marito mi ha manipolata a lungo. Solo col passare del tempo ho trovato la forza di staccarmi da lui».

Il nero che diventa grigio – Laura ha due figli, di 5 e 9 anni. Oggi possono vedere il papà solo in una struttura protetta, e per un paio d’ore, ogni quindici giorni. Tra genitori, invece, il contatto è ridotto al minimo. «Avevo una sorta di dipendenza affettiva da lui. Vedevo le cose nere, ma tendevo a trasformarle in grigio. Ci siamo sposati nel 2009. Sempre più spesso, col passare degli anni, ha cercato di non farmi avere contatti con l’esterno, con i miei amici. Voleva che stessi in casa, con i figli, ai suoi ordini, mentre lui poteva uscire e fare la bella vita».

Cervello da gallina – Non solo. Tra quelle quattro mura aumentano anche gli episodi in cui Laura viene umiliata. «Mi dava della stupida, del cervello da gallina, della culona, del cesso. Mi diceva che gli facevo schifo. Poi, quando vedeva che non ce la facevo più, cambiava atteggiamento. Il narcisista perverso ha un ego smisurato, ti vuole sottomettere. Ti stupra psicologicamente. E il peggio è che quando ne parli davanti a un giudice, spesso vieni sminuita. Anche perché il narcisista perverso è molto abile a nascondere il suo problema in pubblico. Siamo separati da un paio d’anni. Il nostro processo di distacco è stato parecchio lungo».

Forte possessività – Una relazione governata dal possesso. E non dall’amore. «È un tema d’attualità – evidenzia lo psicologo Matteo Magni –. Le personalità narcisistiche sono organizzate, per il mantenimento della loro autostima, tramite le conferme che arrivano dall’esterno. Dipendono dall’opinione degli altri. In una relazione di coppia questo si può tradurre in una considerazione di sé stessi in maniera grandiosa, oppure nell’idealizzazione del prossimo. Ne può derivare, ad esempio, una forte possessività. Per sentirsi considerati, gratificati, ammirati».

Una società basata sull’immagine – Ciò fa sì che queste persone siano molto concentrate su sé stesse, piuttosto che essere attente ai bisogni degli altri. «Il narcisista è insicuro, ansioso, ha la necessità di mantenere il controllo, anche nella coppia. In alcuni casi tutto questo sfocia in violenza». Come si arriva ad avere un problema del genere? «Il passato della persona, dall’infanzia all’adolescenza, conta parecchio, così come le esperienze che ha vissuto. È possibile, inoltre, che vivere in una società come quella odierna, basata sull’immagine e sulla performance, metta ulteriori pressioni a persone già predisposte verso comportamenti analoghi».  

Cosa devono fare le vittime – Cosa deve fare una donna che si trova catapultata in una simile situazione? «Il nostro servizio ha 4 sedi sul territorio cantonale – dice Cristiana Finzi, responsabile del Servizio cantonale per l'aiuto alle vittime dei reati –. E offre ascolto e accompagnamento alle donne che vivono situazioni di violenza domestica. Nel 2018 abbiamo ricevuto 506 segnalazioni relative a persone maggiorenni. Le cifre, tuttavia non spiegano la complessità della problematica. Molte donne, purtroppo, preferiscono ancora stare in silenzio. Perché le paure sono tante». 

La fragilità femminile – Già. Per una donna è sempre difficile fare il grande passo. «Perché si domanda cosa le potrebbe succedere in seguito, magari di peggio. Oppure perché tende a dare sempre un’ultima, ulteriore, possibilità al partner. Alcune donne straniere, inoltre, temono di perdere il permesso di soggiorno in seguito alla loro denuncia. Ci sono situazioni variegate e complesse».

Prova di coraggio – La difficoltà sta dunque nell’uscire allo scoperto. Laura ce l’ha fatta grazie a una prova di forza. «Mi sono detta che così non potevo andare avanti. Era anche una questione di autostima. Non avevo più una dignità. Ho chiesto la separazione. Non ho temuto la sua reazione. In seguito sono intervenuti i servizi sociali, lo psicologo, siamo stati seguiti».

Bisogno di ascolto – Cristiana Finzi fa notare come, una volta rotto il ghiaccio, spesso le donne poi prendano coraggio. «Nella stragrande maggioranza dei casi la donna resta contenta dopo un primo colloquio, perché ha di fronte una persona che l’ascolta. In quel momento, per la donna è importante condividere la propria esperienza ed essere creduta. È sempre un percorso tormentato quello di staccarsi da una situazione di violenza. Magari proprio perché ci sono di mezzo bambini. Da soli, in ogni caso, non se ne esce. È importante fare affidamento alle strutture presenti a livello cantonale». 

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