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Cercasi contadini volontari. Una fattoria puo' cambiarti la vita

Una volontaria di Lumino: “Tre settimane fa ho passato cinque giorni in una fattoria di Seelisberg. Ci tornerò senz’altro in autunno!”
Cercasi contadini volontari. Una fattoria puo' cambiarti la vita
Una volontaria di Lumino: “Tre settimane fa ho passato cinque giorni in una fattoria di Seelisberg. Ci tornerò senz’altro in autunno!”
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LUGANO - Da più di 35 anni l’iniziativa Caritas-Montagnards permette alle famiglie contadine svizzere in difficoltà di ricevere l’aiuto di volontari e, a questi ultimi, di fare un’esperienza molto lontana dalla loro qu...

LUGANO - Da più di 35 anni l’iniziativa Caritas-Montagnards permette alle famiglie contadine svizzere in difficoltà di ricevere l’aiuto di volontari e, a questi ultimi, di fare un’esperienza molto lontana dalla loro quotidianità. Il numero degli aspiranti contadini estivi (700 l’anno scorso) tende però a diminuire: “Quest’anno su 92 famiglie contadine che si sono annunciate, 74 cercano ancora aiuto per alcuni periodi”, indica la responsabile del progetto Franziska Bundi. I volenterosi aiutanti provengono in gran numero dalla Germania, oltre che dalla Svizzera. I ticinesi non sono solleticati dall’idea: “Purtroppo ogni anno registriamo meno di una decina di volontari dal Ticino”, si rammarica la responsabile. Partire è semplice: sul sito di Caritas-Montagnards (bergeinsatz.ch) si sceglie la famiglia contadina in base alla regione in cui si vorrebbe andare, al periodo di disponibilità e alle lingue conosciute. Un click sulla settimana desiderata e il contatto è fatto. “Ogni volontario aiuta in base alle proprie capacità e inclinazioni. Il bello è che spesso si creano delle amicizie e degli scambi interessanti fra persone che arrivano da ambienti molto diversi”, sottolinea Bundi.

La volontaria di Lumino  - La volontaria di Lumino e l’allevatore della Capriasca che abbiamo sentito ce lo confermano. Alla 61enne Susi Gfeller, zurighese da trent’anni in Ticino, l’esperienza è piaciuta moltissimo. Vedova e con un solo figlio rimasto nel nido, tre settimane fa la signora Gfeller ha preso armi e bagagli per trascorrere cinque giorni in una famiglia contadina di Seelisberg (UR). Fra le faccende di casa, la stalla e i pendii da falciare, la 61enne seguiva i propri ritmi: “Non dovevo fare tutto, ma solo quello che potevo e a seconda delle mie forze – ci racconta –. Loro erano carinissimi. Mi dicevano sempre di prendermi delle pause e di fare tutto con calma”. Oltre alle mansioni più da casalinga la signora Gfeller non si è lasciata scappare l’occasione di provare dei lavori da vera contadina. “Aiutavo facendo un po’ di pulizie, a volte preparavo la colazione e quando la padrona di casa, Andrea, andava a lavorare con suo marito Walter io tenevo i bambini, di 18 mesi e 7 anni– continua –. Però mi piaceva molto anche pulire la stalla, badare alle pecore o fare fieno. Quest’ultima attività per me era certamente un po’ pesante perché si faceva su pendii scoscesi però almeno ci ho provato!”. La sua famiglia ospitante, del resto, non aveva grandi pretese: “A loro bastava anche solo una mano. Per me, alla fine, non è stato molto lavoro, ma loro sono rimasti proprio contenti”.

Assecondare i ritmi di veri contadini svizzeri, tuttavia, non è come fare una vacanza: “La sveglia suonava alle 6:15, non potevo starmene a letto fino alle 8:00. In ogni caso, comunque, alle 21:30 crollavo perché le giornate erano dure”. Non la intimoriva l’idea di vivere per cinque giorni in casa di perfetti sconosciuti? “Assolutamente no. A parte che loro sono una bella famiglia e mi sono sentita subito come a casa – premette –, ma poi io sono una tipa aperta: se c’è qualcosa che non va o che non mi piace lo dico subito. Con loro non ce ne è stata nemmeno la necessità”. Bisogna dire che lei, signora Gfeller, è stata piuttosto avvantaggiata dal punto di vista linguistico… Che cosa direbbe a un ticinese, magari non proprio fortissimo in tedesco, che voglia provare questa esperienza? “Ma che problema c’è! In montagna non è che si stia lì a parlare tanto e, una volta imparate due o tre parole chiave, si capisce quello che c’è da fare. Poi i contadini non avranno problemi a parlare in buon tedesco se caso: tutti gli svizzero tedeschi sanno esprimersi anche in Hochdeutsch”. Rifarà questa esperienza? “Certo! Siamo d’accordo con la stessa famiglia di Seelisberg che quando avranno di nuovo bisogno in autunno mi chiamano e io vado ancora una settimana”.

L'allevatore della Capriasca - “Dall’altra parte della barricata”, fra le famiglie ospitanti, abbiamo sentito una delle poche aziende in Ticino (solo due) che quest’anno hanno chiesto l’aiuto di Caritas-Montagnards. Allevatore di capre della Capriasca, Daniele R. è alla sua prima esperienza con questa iniziativa. A portarlo a rivolgersi all’organizzazione, da un lato, è stato il fatto che, con gli anni, l’aiuto della famiglia (padre, zio e figli) è per forza di cose venuto a mancare. Dall’altro, l’attività si è contratta costringendolo a tagliare i costi, fra i quali gli operai stagionali.

“Mia moglie e io abbiamo ormai quasi 60 anni e adesso produciamo formaggini solo in primavera. D’estate, invece, purtroppo non riusciamo più a portare le capre in alpeggio, il periodo più redditizio, ma le diamo via. Per l’attività restante ci siamo rivolti al volontariato”, ci racconta. Per la coppia, il periodo più importante è proprio giugno, quello della fienagione. In aiuto è quindi arrivato a inizio mese un 60enne germanico che rimarrà con loro per tre settimane. Un vero e proprio nomade del volontariato che – dopo essere rimasto a casa dalla Opel per problemi alla schiena dopo trent’anni di lavoro – gira da dieci anni fra Austria e Sud Tirolo a prestare il proprio aiuto ai contadini. Un modo per sentirsi utile e scoprire il mondo: “La Svizzera non la conosceva – spiega Daniele –. Non aveva nemmeno ben chiaro che esistesse una ‘Svizzera italiana’”.

Nella Capriasca come a Seelisberg le pretese della famiglia contadina sono poche: “Mi ha detto che non può alzare pesi e sicuramente non pretenderemo da lui quello che chiederemmo a un operaio. Potrà magari rastrellare e fare un po’ di lavoretti non troppo pesanti”, spiega Daniele. Non vi pesa accogliere degli estranei in casa? “Sono quasi quarant’anni che svolgo quest’attività e ho sempre avuto aiuti: studenti delle scuole Steiner che fanno uno stage pratico, operai veri e propri, di tutto. Quindi s’impara un po’ a convivere, capirsi e rispettarsi – premette l’allevatore –. L’unica cosa che mi pesa un po’ è quando la gente resta troppo a lungo. Soprattutto se viene da Paesi lontani, infatti, è sempre con te perché non sa troppo cosa fare fuori. Questo erode un po’ i nostri momenti privati. Dal canto mio devo un po’ ancora abituarmi a questa cosa. Chi viene, invece, potrebbe imparare a gestire un po’ da solo il proprio tempo libero”. Il bilancio, tuttavia, è positivo: “Nel complesso sono molto contento perché queste persone ti portano un po’ di spirito nuovo: siamo sempre mia moglie e io e mi piace che ogni tanto arrivi qualcuno a raccontare le proprie storie”, conclude. Ponete condizioni alla Caritas rispetto ai candidati volontari? “Assolutamente no! L’unica condizione che pongo è che chi viene non abbia il raffreddore da fieno! (Ride, ndr)”.

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