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CHIASSO

La storia di Paolo Di Caro, il curatore d’anime tuttofare

La storia di Paolo Di Caro, il curatore d’anime tuttofare
CHIASSO - "Sono un Seelsorger". Usa la parola tedesca il pastore protestante Paolo Di Caro, forse perché non riesce a scordare i suoi 20 anni vissuti a Zurigo, per definire la sua funzione di curatore di anime presso il Centro d...

CHIASSO - "Sono un Seelsorger". Usa la parola tedesca il pastore protestante Paolo Di Caro, forse perché non riesce a scordare i suoi 20 anni vissuti a Zurigo, per definire la sua funzione di curatore di anime presso il Centro dei richiedenti asilo di via Motta a Chiasso. La sua storia di vita è un lungo viaggio: "Sono nato a Tunisi, dove ho frequentato le scuole francesi. L'islam lo conosco bene. Parlo pure un po' di arabo. Sono di famiglia cristiana ed ho vissuto in Tunisia, quando il Paese era ancora un Protettorato di Francia. Mia madre era francese, ugonotta, mio padre italiano cattolico. Ha combattuto nell'esercito italiano contro gli Alleati. Fu prigioniero degli inglesi, dopo la famosa battaglia di El Alamein. L'appartenenza di mio padre all'Asse non fu perdonata e nel '46 fummo espulsi dalla Tunisia. Avevo 5 anni e tornai nel paese di origine di mio padre, Marsala, citta fondata dagli arabi, mars (porto) allah (Dio), porto di Dio, centro marittimo importante durante la dominazione saracena. Io ho scelto la religione di mia mamma, quella della chiesa francese riformata di Francia. Naturalmente nutro grande rispetto per la Chiesa cattolica".

Una vita da migrante - Una vita di migrante e per i migranti, quella di Di Caro: "La problematica la conosco bene e capisco il dolore e la sofferenza di chi lascia la propria terra". "Don" Paolo è a Chiasso da 13 anni ed è una figura di appoggio importante per i profughi alloggiati al Centro di richiedenti di Chiasso. "Da noi ci sono ospiti dall'Eritrea, dall'ex Unione Sovietica, dalla Nigeria, dalla Mongolia. C'è molta diversità, il che non facilita il contatto tra loro". Una babele di lingue, culture, religioni in cui non è sempre facile convivere: "Può capitare che si creino delle tensioni. E per ovviare ai problemi si cerca di fare opere di prevenzione, ma non è sempre possibile. Alle volte basta una scintilla". In tutti i casi, come puntualizza Di Caro, le regole nel Centro esistono e "sono fatte rispettare": "Posso dire in tutta coscienza che gli ospiti sono trattati con umanità".

Le condizioni di permanenza nel centro - Nel centro, come detto, ci sono delle regole che scandiscono la quotidianità degli ospiti: "Al mattino gli ospiti possono uscire dopo colazione, verso le 9. Non sono in prigione, per carità, ma verso le 11 devono rientrare per il pranzo. Dopo il pasto possono stare fuori fino alle 19. Di sera non possono uscire, ma al fine settimana, dal venerdì sera alla domenica sera, sono liberi di andare via". Le regole, in genere, come assicura il religioso, sono rispettate dagli ospiti che, quotidianamente hanno assicurato il vitto, l'alloggio, 3 franchi di "argent de poche" e 21 franchi settimanali.

Un curatore di anime "factotum" - Più che "Seelsorger", Di Caro si definisce un factotum: "Si confidano con me perché sanno che sono neutrale. Mi raccontano dei loro problemi, delle loro paure". Ma non solo. C'è chi si rivolge a lui per un pacchetto di sigarette o una scheda telefonica: "Non è un lavoro facile, anche perché devo fare capire che io non posso regalare schede telefoniche o sigarette a tutti. Un giorno è arrivato uno, chiedendomi delle sigarette. Ho notato subito, grazie alla mia esperienza, che voleva fare il furbo e gliele ho negate. Le pretendeva, senza chiedere neppure per favore. Insomma, bisogna essere severi e bisogna pretendere un minimo di rispetto. Come è giusto che sia. Bisogna riuscire a interpretare ognuno di loro e saper leggere tra le righe".

"I problematici sono una esigua minoranza" - Dall'alto della sua esperienza pluriennale, Paolo Di Caro assicura che gli ospiti che si comportano male e non rispettano le regole sono in minoranza: "Nei miei colloqui con i cittadini del posto, cerco sempre di fare capire che non è giusto generalizzare. Non tutte le persone del centro si comportano come quelle 10-15 persone che si vedono per le strade a bere. Gli avventurieri e i delinquenti sono una minoranza. Ed il pericolo è che si generalizzi, etichettando tutti gli oltre 200 ospiti come criminali. Ma la realtà non è questa".

"Nel centro non c'è droga" - Un punto delicato è la questione della droga. "Il centro è sorvegliato da agenti di sorveglianza privata" - spiega Di Caro - "E nel Centro la droga non c'è".
 

p.d'a.

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