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La Bignardi risponde: "Theo Van Gogh in Piazza Grande? "Vedremo, e valuteremo"

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La Bignardi risponde: "Theo Van Gogh in Piazza Grande? "Vedremo, e valuteremo"
LOCARNO - La direttrice del Festival internazionale del film di Locarno, Irene Bignardi, ha risposto oggi alla lettera aperta  firmata dai granconsiglieri Umberto Marra (UDC), Lorenzo Quadri (Lega), Iris Canonica (PS) e Giorgio Ghiringhelli...

LOCARNO - La direttrice del Festival internazionale del film di Locarno, Irene Bignardi, ha risposto oggi alla lettera aperta  firmata dai granconsiglieri Umberto Marra (UDC), Lorenzo Quadri (Lega), Iris Canonica (PS) e Giorgio Ghiringhelli (Il Guastafeste) - con altre personalità ticinesi e col promotore dell'iniziativa Giorgio Ghiringhelli (Il Guastafeste), i quali chiedevano di proiettare in Piazza Grande - durante la prossima edizione del festival  -  l'ultimo film del regista olandese Theo Van Gogh, assassinato da un estremista islamisco  lo scorso 2 novembre.

La richiesta  di portare in Piazza Grande il film "Submission" era stata motiva dai quattro firmatari con la necessità di "ribadire il valore della libertà di espressione così duramente oltraggiata dall'omicidio del regista".

La Bignardi ha dato oggi ufficialmente  una risposta alla richiesta dei quattro, affermando che "l'idea di presentare il film di Van Gogh al Festival del film di Locarno non è da escludere a priori", ma nè "da accettare a priori" dato che i film che vengono proposti a Locarno vengono esaminati e discussi "in termini di qualità e di importanza".
Un'analisi necessaria in quanto, come ha precisato la Bignardi "non possiamo ignorare le ragioni di rispetto e di  sicurezza che ci impongono sempre di proporre nella nostra Piazza, dove si raccoglie un pubblico eterogeneo - e quindi sensibilità molto diverse in termini di età, di religioni, di razze, di culture - dei film che non feriscano le idee e la cultura di qualcuno". e ha concluso con un "vedremo, e valuteremo".

Ecco l'intera lettera di risposta di Irene Bignardi:

"Allo stesso modo dei firmatari dell'appello contro l'integralismo islamico inviatomi e pubblicato lo scorso 17 dicembre non posso che riprovare e condannare l'episodio terribile e feroce in cui ha perso la vita per mano di un fanatico integralista il regista olandese Theo Van Gogh: un episodio che dimostra - e ha dimostrato in seguito, negli sviluppi che la vicenda ha avuto - quanto sia fragile e delicato il processo di integrazione e la pace  religiosa persino in un paese tollerante e aperto come l'Olanda. E anche per aver conosciuto personalmente Theo Van Gogh tanti anni fa non posso restare indifferente di fronte ad un gesto barbaro che colpisce un artista per le sue idee, esattamente come è successo, anche se con conseguenze meno dolorose e tragiche, ai tempi della "fatwa" che ha colpito Salman Rushdie per "I versetti satanici".

Ma la riprovazione e lo sdegno per la morte di Van Gogh non significano necessariamente ed automaticamente che il suo film Submission sia lo strumento giusto per comunicare  la critica nei confronti di un'altra cultura, e non contenga invece degli elementi di provocazione che, se non gli avrebbero dovuto certo meritare  l'assurda fine che è stata imposta a Van Gogh da un fanatico, possono tuttavia risultare offensivi per la sensibilità islamica.

Nel caso di Rushdie la "fatwa" era stata comminata allo scrittore angloindiano da persone che probabilmente neanche avevano letto il libro, sull'onda di un'indignazione aprioristica che non si è neanche presa il tempo di valutare veramente la portata delle "colpe" di Rushdie. Simmetricamente, nel caso del film di Van Gogh, fermissima restando la condanna dell'episodio e di tutti gli strascichi che si è portato dietro, sarebbe necessario  vedere Submission per stabilire, al di là dei criteri di qualità, che certo contano nel caso di una creazione che si vuole "artistica", se si tratti di una giusta perorazione per la causa della tolleranza o non solo di una esternazione provocatoria, che la nostra cultura occidentale tendenzialmente laica saprebbe metabolizzare, ma che per una  cultura religiosa più conservatrice e rigorosa potrebbe risultare profondamente dolorosa e offensiva. Come ha affermato recentemente il portavoce della comunità Sikh di Birmigham, dopo un ennesimo episodio di intolleranza nei confronti di Gurpreet Kaur Batti, autrice (Sikh) di una commedia che i Sikh hanno considerata offensiva, "la libertà di espressione implica anche il dovere di rispettare gli altri".

L'idea quindi di presentare il film di Van Gogh al Festival del film di Locarno non è da escludere a priori, ma, alla stessa stregua, non è da accettare a priori, come d'altronde  al Festival non accettiamo mai a priori i film che proponiamo al nostro pubblico, ma li esaminiamo e li discutiamo in termini di qualità e di importanza. Questa analisi necessaria è solo un  primo passo. Perché non possiamo certo ignorare le ragioni di rispetto e di  sicurezza che ci impongono sempre di proporre nella nostra Piazza, dove si raccoglie un pubblico eterogeneo - e quindi sensibilità molto diverse in termini di età, di religioni, di razze, di culture - dei film che non feriscano le idee e la cultura di qualcuno. Vedremo il film di Van Gogh e decideremo".

 


 

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