Del neo capofamiglia ossia del diritto di veto

Papageno: in nome dei padri
L’art. 331 del CCS prevede la figura del capo famiglia. In genere è quello che decide, ma nella famiglia il legislatore si guarda bene di indicare chi è il capo. Fino al 1988 il capo era il marito, il padre. Oggi non si sa. O si sa?
Gestire una famiglia è un’acrobazia, un’iniziazione al paradosso. Governare un paese democraticamente è, a rispetto, una passeggiata. Qui si conoscono le regole del gioco. Decide la maggioranza. Non in famiglia!
Ma vediamo fino a che punto le cose sono paradossali, felicemente catastrofiche.
Credere che la famiglia sia governabile da due “consoli” è un’ingenuità. Ogni decisione deve esser presa all’unanimità o, detto altrimenti, con il consenso della consorte. Provate a farvi eseguire la vasectomia: non senza la firma della moglie. Provate a prendere una decisione sui figli, la scuola per esempio: firma della moglie, per favore. Provate ad accendere un credito: non senza la firma della moglie. Provate ad avere l’autorità parentale su vostro figlio oppure dare il vostro nome al figlio senza esser sposati: no Sir.
Una delle tante leggende metropolitane messe in circolazione dalla propaganda di Stato è: in Svizzera il diritto al divorzio è garantito. Tempo massimo d’attesa: anni due. Ci sono divorzi che durano anche dieci anni... come mai? E’ noto che gli avvocati non hanno interesse a risolvere una causa rapidamente, ma non è solo questa la ragione.
Provate a divorziare senza il consenso della vostra ex: niet. Provate a vendere la casa che avete ereditato avendo avuto la sciagurata idea di viverci con la vostra famiglia: niet. Non c’è Santo che la faccia uscire. Provate a farvi versare gli alimenti per un figlio affidato a voi, padre: pardon Monsieur? Provate a far rispettare a vostra moglie il diritto di visita, contro la sua volontà: excusez-moi Monsieur? Se volete poi impedire alla ex moglie di partire coi figli all’estero, apriti cielo: dove sono i diritti di libertà della sua ex-signora, Sir?
A questo punto possiamo affermare senza esser accusati di esser misogini: l’uomo propone, la donna dispone. Il meccanismo è quello dell’Assemblea dell’ONU: tutti sono uguali, mentre gli Stati Uniti hanno il diritto di… veto. Il Veto. Ecco il vero punto su cui poggia la democrazia (dittatura?) famigliare. Il veto delle femmine è marchiato nelle Istituzioni. Nessuno lo dice, tutte lo praticano. Il veto non solo annulla il maschio, ma introduce il potere della burocrazia statale nel nucleo famigliare. Questo potere dà man forte alla donna quando il marito non si piega alla sua volontà. Nel momento in cui un uomo si sposa, avviene una regressione di cui pochi si rendono conto: entra in una seconda fase pre-adolescenziale, messo sotto tutela della propria donna.
Ci pensa lo Stato a ricordare al giovane maritino che il matrimonio è un contratto con molti obblighi, senza diritti. Perché il diritto è tale se qualcuno ha intenzione di rispettarlo. Nel caso contrario, niet. Wo Recht da Knecht.
Di questo cambiamento epocale avvenuto nel 1988 nel diritto di famiglia, pochi se ne sono resi conto. Chi si è sposato prima dell’88 ricorda il breve discorso che il sindaco rivolgeva ai novelli sposi:… il marito è capofamiglia, prende le decisioni, la donna si occuperà della prole e dell’economia domestica, gli sposi saranno solidali, ecc. Poi siamo diventati tutti identici, almeno dal punto di vista del diritto. Ma dove sta la maggioranza capace di prendere decisioni? In caso di divorzio, ossia nella maggioranza dei casi, il legislatore ha introdotto il concetto dell’”ascolto dei figli” quasi che questi debbano prendersi sulle loro spalle di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Nella prassi, vediamo quanto i pretori si prendano beffa di questa norma. La usano come gomma da masticare per arginare i buchi dei copertoni. E in un certo senso, giustamente. Non possiamo mica far prendere decisioni ai figli, decisioni che gli adulti non sanno prendere! Ci mancherebbe! Sta di fatto che il diritto di famiglia odierno, malgrado la sua ultima riforma del 2000, non risponde alle necessità della società. Basterebbe un po’ di onestà e chiarezza, e definire i criteri che definiscono il capofamiglia. Oppure dobbiamo introdurre il tiro della monetina? Anche con la monetina vedremmo un sensibile miglioramento delle relazioni in famiglia. Ne siamo certi.
Appello ai padri
La redazione di Papageno invita i padri che vogliono raccontare la loro esperienza ad inviarci una lettera (non più di 2000 battute). La pubblicheremo e risponderemo alle vostre domande, nel caso non sappiate cosa pensare, come comportarvi o semplicemente vogliate unirvi al coro di protesta dei padri separati.
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