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GRECIA

Quando la crescita non è per tutti

In una Grecia dai conti più solidi, i lavoratori scendono i piazza per chiedere «salari dignitosi».
Afp
Quando la crescita non è per tutti
In una Grecia dai conti più solidi, i lavoratori scendono i piazza per chiedere «salari dignitosi».
ATENE - «Una marea che cresce solleva tutte le barche». Lo diceva John F. Kennedy per indicare che, in un'economia che migliora, prima o poi i benefici saranno per tutti. Verrebbe però da obiettarvi se si guarda al "caso Grecia", ieri in sciopero ...

ATENE - «Una marea che cresce solleva tutte le barche». Lo diceva John F. Kennedy per indicare che, in un'economia che migliora, prima o poi i benefici saranno per tutti. Verrebbe però da obiettarvi se si guarda al "caso Grecia", ieri in sciopero generale.

A incrociare le braccia per 24 ore - «adesione massiccia» secondo i media locali - sono state le sigle dei dipendenti pubblici e privati (GSEE e ADEDY) in rappresentanza di oltre 2milioni di lavoratori, ai quali si sono aggiunte associazioni studentesche, partiti di opposizione e istituzioni. Tutte "barchette" - ritornando all'aforisma di Kennedy - in difficoltà, nella marea crescente dell'economia di Atene.

Sì, perché il Paese che fu culla della civiltà non è più quello del 2009, quando l'allora primo ministro George Papandreou rivelò all'Europa un debito da default. Cosa che necessitò un'iniezione di 110 miliardi di euro in tre anni da Europa e Fondo monetario internazionale e l'inizio di una nuova austerità.

Oggi infatti tutto sembra essere cambiato e le agenzie di rating plaudono ai risultati dell'attuale governo (di centrodestra) Mitsotakis. A cominciare dalle virtuose riforme fiscali, passando per la crescita economica (+2,1% nel 2024), fino a una disoccupazione in discesa ai minimi (saldamente sotto la soglia del 10%) e ai flussi turistici - settore portante del PIL - quest'anno da record.

Cifre che però non si traducono in benessere per tutti. Lo denunciano i lavoratori che, contro il carovita («alle stelle» secondo i sindacati), hanno fermato il Paese al grido «ridateci i nostri salari» e «soldi per gli stipendi, non per le guerre». Bocciato infatti il l'impegno del Premier a portare il salario lordo - attualmente a 830 euro - a 950 euro, entro il 2027.

E così, in tutto il Paese il personale in servizio sui traghetti e sui treni, così come quello del trasporto urbano ed extra urbano, quello della scuola, il personale medico ospedaliero e i pompieri hanno chiesto pacificamente «contratti collettivi e posti di lavoro con tutele». Nella speranza che, assieme alla marea, questa volta si sollevino anche le imbarcazioni più piccole.

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