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Scrittori: un secolo fa nasceva Giovanni Guareschi

Scrittori: un secolo fa nasceva Giovanni Guareschi
ROMA - Cento anni fa, il 1 maggio a 1908, nasceva Giovannino Guareschi, scrittore, disegnatore, umorista e giornalista, a cui si deve la creazione dei popolari personaggi di Don Camillo e Peppone. I suoi romanzi hanno fattodi lui uno degli autor...
ROMA - Cento anni fa, il 1 maggio a 1908, nasceva Giovannino Guareschi, scrittore, disegnatore, umorista e giornalista, a cui si deve la creazione dei popolari personaggi di Don Camillo e Peppone. I suoi romanzi hanno fattodi lui uno degli autori italiani più venduti nel mondo, con oltre 20 milioni di copie.

Don Camillo è il robusto parroco che parla con il Cristo dell'altare maggiore della sua chiesa. Il suo antagonista è il sindaco comunista di Brescello, piccolo paese della Bassa emiliana in provincia di Reggio Emilia, l'agguerrito Peppone, diviso tra il lavoro nella sua officina e gli impegni della politica. Ad incrementare la fortuna dei personaggi di Guareschi contribuirono nell'Italia degli anni Cinquanta, impaurita dal pericolo comunista, i film interpretati da Fernandel (Don Camillo) e Gino Cervi (Peppone).

Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi (questo è il suo nome completo: Guareschi scherzava sempre sul fatto che un omone come lui fosse stato battezzato come "Giovannino") nacque a Fontanelle, frazione di Roccabianca, in una famiglia di classe media (il padre, Primo Augusto Guareschi, era commerciante, mentre la madre, Lina Maghenzani, era la maestra elementare del paese). Nel 1925 l'attività del padre fallì ed egli non potè continuare gli studi. Dopo aver provato alcuni lavori precari, iniziò a scrivere per un quotidiano locale. Nel 1929 divenne redattore del quotidiano Corriere Emiliano.

Il 14 luglio 1936 arriva nelle edicole il primo numero del quindicinale "Il Bertoldo", rivista satirica edita da Rizzoli e diretta da Cesare Zavattini, in cui Guareschi inizialmente collabora in qualità di illustratore. Si tratta di una rivista pungente e diretta a strati sociali medio-alti, in contrasto con il popolarissimo periodico "Marc'Aurelio". Vi collaborarono importanti giornalisti ed illustratori del tempo, ma forti contrasti e dinamiche interne portano in breve tempo alla direzione di Giovanni Mosca, con Giovannino Guareschi capo redattore.

In capo a tre anni la rivista diventa settimanale con tirature di 500-600 mila copie, e primo tra tutti i giornali umoristici. Fedele al suo carattere di bastian contrario, Guareschi, contrapponendosi alla dilagante moda del momento che vuole, anche sul "Bertoldo", ubiquitarie illustrazioni di eleganti figure femminili, inizia a disegnare la serie delle vedovone, grasse (forse neorealistiche) e per nulla sensuali donne d'Italia. La guerra porta infine alla chiusura nel settembre 1943 della testata, dopo un bombardamento alleato che coinvolge la sede della Rizzoli.

Durante la Seconda guerra mondiale Guareschi - penna pungente e pronta ad attaccare senza paura o riverenza i bersagli che più gli sembravano meritevoli di critica - nei fumi di una colossale sbornia, insultò Benito Mussolini e venne arrestato. Nel 1943 venne arruolato nell'esercito, il che apparentemente lo aiutò ad evitare problemi con le autorità fasciste. Finì come ufficiale di artiglieria.

Quando l'Italia firmò l'armistizio con le truppe Alleate egli si trovava in caserma ad Alessandria. Rifiutò come molti altri di disconoscere l'autorità del Re e fu quindi arrestato e inviato nei campi di prigionia di Czstochowa e Benjaminovo in Polonia e poi in Germania a Wietzendorf e Sandbostel per due anni, assieme ad altri soldati italiani: gli Imi (Internati Militari Italiani). Qui compose la "Favola di Natale", racconto musicato di un sogno di libertà nel suo Natale da prigioniero. In seguito descrisse questo periodo in "Diario Clandestino".

Dopo la guerra Guareschi fece ritorno in Italia e fondò una rivista indipendente con simpatie monarchiche, il "Candido", settimanale del sabato. Nella rivista insieme ad altre famose penne della satira italiana, curava numerose rubriche tra cui quella a firma "Il Forbiciastro" che spigolava nella cronaca spicciola italiana. Dopo il referendum del 2 giugno 1946, iniziò ad appoggiare la Democrazia Cristiana, o per la sua profonda fede cattolica o per il suo fervente anticomunismo.

Guareschi criticò e rese oggetto di satira i comunisti nella sua rivista: famosissime le sue vignette intitolate "Obbedienza cieca, pronta e assoluta", dove sbeffeggiava i militanti comunisti che lui definiva trinariciuti (la terza narice serviva a far uscire il cervello da versare all'ammasso del Partito che avrebbe"pensato" per loro), i quali prendevano alla lettera le direttive che arrivavano dall'alto, nonostante i chiari errori di stampa. Per la celebre prima vignetta del compagno con tre narici, Togliatti lo insultò con l'appellativo di "tre volte idiota moltiplicato tre" durante un comizio. Per tutta risposta Guareschi scrisse su "Candido": "Ambito riconoscimento".

Nelle elezioni del 1948 Guareschi s'impegnò moltissimo affinchè fosse sconfitto il Fronte Democratico Popolare (alleanza Pci-Psi). Molti slogan, come "Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no", e il manifesto con lo scheletro di un soldato dietro i reticolati russi, che dice "Mamma, votagli contro anche per me", uscirono dalla sua mente fervida. Contribuì notevolmente alla costruzione di un certo immaginario collettivo anticomunista che avrebbe perdurato per decenni.

Anche dopo la vittoria della Dc e dei suoi alleati, Guareschi non abbassò certo la sua penna: anzi criticò anche la Democrazia Cristiana, che a suo parere non seguiva i principi cui si era ispirata. Riguardo la formazione in Parlamento di un'alleanza tra Dc e Psi nei primi anni sessanta, Guareschi, coerente ed assolutista come sempre, non comprese mai nei fatti politici l'ottica del compromesso, quello stesso che però di fatto segnarono a livello di vita sociale Don Camillo e Peppone.

Guareschi non si poteva certo definire una persona conciliante. Nel 1950 fu condannato con la condizionale ad otto mesi di carcere nel processo per diffamazione all'allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi, che era stato bonariamente preso in giro in quanto permetteva che sulle etichette dei vini di sua produzione venisse messa in evidenza la sua carica pubblica di "presidente". Guareschi non era l'autore materiale della vignetta (l'autore fu Carletto Manzoni), ma fu condannato in quanto direttore responsabile di "Candido".

Nel 1954 Guareschi venne nuovamente accusato di diffamazione per avere pubblicato sul "Candido" due presunte lettere di Alcide De Gasperi risalenti al 1944, in una delle quali De Gasperi (che sarebbe divenuto presidente del Consiglio nel dopoguerra) avrebbe chiesto agli Alleati anglo-americani di bombardare la periferia di Roma allo scopo di demoralizzare i collaboratori dei tedeschi. Il giudice non accolse la mozione della difesa di Guareschi, che chiedeva che queste lettere fossero sottoposte a perizia calligrafica per accertare che fosse veramente De Gasperi l'autore, come era emerso da una prima perizia. Guareschi fu condannato a dodici mesi di carcere in primo grado.

Essendosi rifiutato di ricorrere in appello contro quella che lui riteneva un'ingiustizia, venne recluso nel carcere di Parma, dove rimase per 409 giorni, più altri sei mesi di libertà vigilata ottenuta per buona condotta. Sempre per coerenza, rifiutò in ogni momento di chiedere la grazia. Nel 1956 la sua condizione fisica si era deteriorata ed iniziò a trascorrere lunghi periodi a Cademario, in Ticino, per motivi di salute. Nel 1957 si ritirò da direttore del "Candido" rimanendo tuttavia un collaboratore della rivista fino al 1961. Continuò a collaborare a vari periodici con disegni e racconti. Nel 1968 gli fu riproposta la direzione del "Candido" da parte di Giorgio Pisanò, ma morì prima di poter ricominciare a causa di un attacco di cuore.



ATS
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