JAZZ: "Pitecantropi Eretti", il jazz a cavallo delle Alpi

Intervista all’organizzatore di un festival piccolo per dimensioni ma notevole per qualità musicale.
Intervista all’organizzatore di un festival piccolo per dimensioni ma notevole per qualità musicale.
Cominciamo con un po' di storia "pitecantropica".
Prima di “Pitecantropi”, la rassegna musicale organizzata dall' Associazione Cultura Popolare di Balerna si chiamava “I legni, le pietre, i suoni” ed era riservata a manifestazioni di vario genere, in cui il jazz era solo una delle molte componenti. I concerti stessi erano organizzati fuori dall'ACP, in luoghi particolarmente suggestivi del Mendrisiotto. Quando si è deciso di modificarne l'impostazione, abbiamo pensato di concentrarci sul jazz e di riportare la musica all’interno dell'ACP, nella sua sala polivalente. E’ uno spazio accogliente e ristretto in cui è possibile ricreare un ambiente intimo e particolarmente adatto a mettere in risalto la qualità della musica. I musicisti stessi se ne accorgono e ne apprezzano il calore, la sonorità.
Il vostro programma propone una equilibrata scelta tra gruppi svizzeri ed italiani.
Dal punto di vista artistico, il filo conduttore di “Pitecantropi” è quello di offrire un giro d’orizzonte sulle realtà jazzistiche a noi più vicine, dunque quella svizzera e quella italiana. Laddove le rassegne più “ricche” sembrano volersi concentrare sui grossi nomi internazionali, noi abbiamo pensato di dare spazio ai talenti, spesso sconosciuti, che operano alle nostre latitudini. Inoltre, cerchiamo sempre di mettere a confronto personalità più affermate con giovani solisti emergenti. Quest'anno, ad esempio, abbiamo scelto quattro sassofonisti “band leader”. Abbiamo dunque invitato lo svizzero Andy Scherrer con il suo quartetto e il bolognese Piero Odorici, entrambi attivi da tempo e che vantano prestigiose collaborazioni. I due sassofonisti “emergenti” erano invece Domenic Landolf (tra l'altro allievo di Scherrer) e Rosario Giuliani, un vero fuoriclasse, che si sta imponendo a livello europeo.
In che modo definite il vostro programma, su cosa basate le vostre scelte?
La rassegna “I suoni, le pietre, ecc.” che ci ha preceduto seguiva un percorso artistico abbastanza coerente e, in un certo senso, autosufficiente. Dal canto nostro con “Pitecantropi” abbiamo sempre privilegiato i rapporti di collaborazione con enti o organizzazioni che lavorano nel nostro stesso ambito. Nel corso degli anni abbiamo tessuto una rete di relazioni molto proficue, in particolare nell’area insubrica. Da due anni abbiamo aderito con interesse al progetto di "CHi suona", che si è fatto promotore della programmazione musicale a cavallo del confine, coinvolgendo i principali organizzatori di manifestazioni jazz, dal Jazz Club di Como alla RETE 2, da “Altrisuoni” al Jazz Club di Mendrisio, dal Festival di Poschiavo a quello di Chiasso. Sono proprio queste sinergie a fornirci i principali stimoli, a far nascere idee e spunti che permettono di allestire il nostro cartellone. Con l’avvio di “CHi suona” e del conseguente coordinamento artistico è stato per noi più facile assumere una fisionomia che ci distingue da quella di tutte le altre rassegne e rendere ancora più qualitativa la nostra offerta.
Come valuta la rispondenza del pubblico alle vostre proposte musicali?
L'esperienza di questi anni ha dimostrato che sono i grandi nomi a muovere maggiormente il pubblico. Negli scorsi anni con Paolo Fresu o con Steve Lacy abbiamo avuto un vero “pienone”. Normalmente i nostri concerti sono seguiti da un pubblico molto affezionato, competente ed attento. In questo ambito giocano fattori diversi, tra cui anche una inspiegabile abitudine della gente a snobbare il jazz nei mesi invernali e ad adorarlo in estate. Nel nostro cantone pare proprio che il pubblico di massa si muova solo a determinate condizioni: o in occasione dei grossi concerti, o per partecipare manifestazioni di richiamo (gratuite o a pagamento) che creano uno spazio di incontro attorno all'evento musicale, come succede regolarmente al Festival di Chiasso o a Estival o ad Ascona. Le realtà intermedie come la nostra sembrano sottovalutate. Un esempio eloquente potrebbe essere il concerto di Rosario Giuliani. Il sassofonista italiano ha riscosso un successo incredibile a Como, mentre la sua esibizione a Balerna è passata relativamente inosservata. Eppure Giuliani è un musicista di altissimo livello, ha appena pubblicato un album per le edizioni Dreyfuss, una delle più importanti case editrici europee. Qui sorge il noto problema di abituare il pubblico ad apprezzare il jazz anche in piccoli club come il nostro e non solo nei grandi eventi. Una questione strettamente connessa alla consuetudine, ormai radicatasi in Ticino, di fruire gratuitamente del jazz, e che è stata sollevata spesso.
Ci può stilare un bilancio dell’edizione 2001 di “Pitecantropi eretti” 2001 e parlarci dei progetti per il futuro?
Il bilancio è sicuramente positivo dal punto di vista artistico, data l'altissima qualità dei musicisti e l'originalità della loro proposta. Positivo anche dal punto di vista finanziario, grazie al sostegno degli sponsor che è doveroso citare, e che sono la Fondazione SUISA per la musica, Pro Helvetia, e la Cassa Raiffeisein di Balerna. L’anno prossimo vorremmo promuovere in modo più incisivo la nostra manifestazione, che rimane un po' come una sorta di cenerentola all'interno del cartellone di “CHi suona”. Ci tengo a ribadire di nuovo che il nostro elemento caratterizzante rispetto a tutti gli altri eventi legati alla musica jazz è proprio questa prossimità fisica tra musicisti e pubblico, questa intimità prodotta dalla particolare conformazione della sala da concerto, che si traspone concretamente nella qualità musicale. Molto spesso, addirittura, le esibizioni sono totalmente acustiche, quindi in grado di rendere un ascolto ottimale; lo spettatore più lontano non è mai oltre i 4 o 5 metri dai musicisti. La vicinanza fisica diventa anche vicinanza umana: è frequentissimo vedere persone del pubblico intrattenersi con i musicisti prima, durante la pausa e subito dopo il concerto. Uno scambio di impressioni e di suggestioni che è veramente un occasione unica di contatto tra chi suona e chi ascolta. Del resto io stesso ho sempre cercato di impostare l'organizzazione dei concerti in modo "umano", evitando il più possibile di coinvolgere i vari manager, ma contattando personalmente i vari artisti. Diventa quasi inevitabile passare dal “lei” al “tu”: loro stessi comprendono ed apprezzano l’originalità della nostra proposta, il nostro approccio amichevole. Forse è per questo, credo, che non facciamo mai fatica a trovare i gruppi disposti a venire qui ad esibirsi: dopo aver pubblicato un articolo di presentazione di “Pitecantropi Eretti” su "Suonare", la rivista del sindacato musicisti svizzeri, ho ricevuto una dozzina di offerte di ingaggio, con altrettanti CD – demo. Visto che i nostri concerti sono quattro a stagione, ne avrei già da ora almeno otto di riserva per l'edizione 2003!
di Alessandro Zanoli






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