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CONFINE / SVIZZERASoldi falsi per Rolex e cripto, «mi dissero "siamo di Lucerna"»

15.02.24 - 08:34
Il racconto di Davide raggirato con «100mila euro falsi». «Progettavano un colpo da 1,5 milioni (falsi) in Svizzera. Ecco come ti truffano».
Foto lettore Tio
Uno dei Rolex messo in vendita dalla vittima del raggiro.
Uno dei Rolex messo in vendita dalla vittima del raggiro.
Soldi falsi per Rolex e cripto, «mi dissero "siamo di Lucerna"»
Il racconto di Davide raggirato con «100mila euro falsi». «Progettavano un colpo da 1,5 milioni (falsi) in Svizzera. Ecco come ti truffano».

LUGANO - «Ho appena letto l'articolo sulla truffa dei Rolex, fatta ai danni di due Coreani a Como. Il 23 Febbraio del 2023 sono stato truffato anche io e la modalità è identica». Inizia così il racconto di Davide, ristoratore sardo di 30 anni con la passione per orologi di lusso e le criptovalute («ho frequentato una masterclass a Mendrisio»). L'uomo è sicuro che il raggiro, compito sul confine da sedicenti svizzeri, sia stato messo in atto dalle stesse persone che gli hanno estorto Rolex e cripto, in cambio di 100 mila euro falsi.

Il primo appuntamento: «"Siamo di Lucerna"» - Davide aveva messo in vendita sul sito Wallapop alcuni Rolex ed era stato contattato da quelli che poi l'avrebbero raggirato. «Ci siamo incontrati in un bar di Corso Como a Milano, a inizio febbraio dello scorso anno, loro erano in due, padre e figlio», racconta il ristoratore. Il più anziano dei due «mi diceva che vivevano a Lucerna, che erano grossi imprenditori», appartenenti a una ricca famiglia ebrea/svizzera, come riporterà poi la denuncia che Davide presenterà alla fine della vicenda. Difficile non abboccare: «Portavano Rolex da 50 mila euro al polso, abiti eleganti, e viaggiavano su macchine di lusso».

La reciproca conoscenza dal Bar passa al ristorante poco distante. Perché per i truffatori il tempo passato insieme è importante, serve a creare la fiducia («ti dicono "non ci conosciamo abbastanza" »). Così si chiude l'affare e «mi dicono che il primo business lo pagano meno: a fronte della mia richiesta di 19.500 euro, abbiamo chiuso a 14 mila con la promessa che la differenza me l'avrebbero pagata poi». Fin qui tutto bene: i soldi sono veri, questa volta.

Continua la conoscenza a distanza - Davide torna a Madrid, «perché vivo lì». Ma nel frattempo si risente con il più giovane dei due. «Il figlio mi diceva che al prossimo affare potevo portargli 3 o 4 Rolex, che così almeno non si perdeva il tempo in piccoli business». Così Davide offre loro «58 mila euro in criptovaluta e un Rolex del valore di 17.500 euro», oltre che chiedere indietro quanto gli spettava ancora dal primo affare (5.500 euro). Ma non è tutto, perché in cambio di una consulenza sull'uso delle criptovalute e «in vista di acquistare poi altri Rolex, si dissero disponibili a pagarmi anche un anticipo», per un totale di circa 100 mila euro.

Il secondo incontro - È il 23 febbraio 2023, ci si incontra tutti nuovamente a Milano, «io con mio fratello - continua Davide - mentre il ragazzo più giovane dei truffatori questa volta era con uno zio. Mio fratello resta nel bar con l'orologio e io salgo con la coppia in un ufficio, che dicevano essere il loro. Lì c'erano i contanti, una macchinetta per contarli e una per verificarli. C'erano mazzette da 10 mila euro ciascuna, in banconote da 200 euro. Le guardavo a campione per verificarne l'autenticità. Così, non appena contate, lo zio metteva l'elastico alle banconote e poi le infilava in un sacchetto trasparente che era davanti a me».

Puntuale arriva la beffa - Infine «mi hanno consegnato la valigetta con i soldi e siamo andati al bar. Dove gli ho dato l'orologio più le cripto, che ho inviato al loro wallet, risultato poi anonimo». Chiuso l'affare, ognuno per la sua strada. Tutto bene finché arriva un messaggio WhatsApp - che Davide ci mostra - dal più giovane dei truffatori. «Mi scriveva di aprire la valigia dei soldi, aggiungendo: "sono fotocopie, scusami"».

A quel punto il ristoratore lo richiama, minacciando denunce. «L'ho insultato ma mi disse "è inutile denunciarci: a ogni truffa buttiamo tutto, telefoni inclusi, e i documenti sono falsi. Non puoi più recuperare i tuoi soldi, se non lavorando con me"». Tutto si complica, anche perché rintracciare i componenti della banda dai loro numeri telefonici è impossibile, visto che «utilizzano un sito web per creare numeri anonimi».

Truffe a Como e Milano, ma «mi parlavano di un colpo in Svizzera» - Davide capisce a questo punto che l'unico modo per recuperare i suoi soldi è fare il doppio gioco: fingersi interessato a "collaborare" «in cambio del 20%» su ogni affare. Così i contatti a distanza non si interrompono. Passa del tempo. E ad aprile del 2023 il ristoratore, facendo credere di essere interessato a nuovi affari, si reca con il fratello a un terzo appuntamento. Sempre a Milano.
«Ridendo, mi hanno raccontato i loro passati raggiri: scelgono come base Milano perché dicevano che in Italia non si fa niente contro le truffe. Mi parlavano molto di Como, aggiungendo che stavano organizzando una truffa da un milione e mezzo in Svizzera, dove volevano portare banconote false, forse nel periodo tra il 20 e il 30 aprile».

Al momento giusto, Davide, presente il fratello e un amico, fa la sua proposta. «Volevo farmi dare il 20%» di un affare in anticipo. «Ma la mia proposta non è andata in porto». Ne scatta una colluttazione, che termina con l'arrivo delle forze dell'ordine. «Sono intervenuti i Carabinieri che hanno sequestrato a tre di loro sette telefoni e un pc. E a indagini in corso loro sono ancora liberi».

Il trucco delle mazzette -
Chiediamo infine a Davide di capirci di più sul trucco dei soldi falsi. Ci spiega che i truffatori mettono in mano al venditore mazzi di soldi veri da controllare e poi passano al raggiro. «Le banconote false stavano in prossimità di uno di loro, che aveva la macchinetta davanti a lui. Dopo aver messo l'elastico alla mazzetta, che avevamo controllato, la sostituisce con una falsa. Lo fanno mentre ti distraggono, dandoti altri contanti da controllare».

E così ci si ritrova con mazzi di banconote false al posto dei soldi, dove solo «la prima e l'ultima banconota sono vere». E con un'amara constatazione - che pare ovvia, ma che evidentemente non lo è -: «Per questo tipo di vendite andate in banca, oppure chiedete di ricevere un bonifico».

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