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CANTONEQuando i frontalieri superano gli abitanti

05.07.21 - 06:00
A Manno abitano circa 1'300 anime. Qui, sono 2'450 i frontalieri impiegati, quasi il doppio degli abitanti.
tipress (Archivio)
Quando i frontalieri superano gli abitanti
A Manno abitano circa 1'300 anime. Qui, sono 2'450 i frontalieri impiegati, quasi il doppio degli abitanti.
In Ticino esistono realtà in cui i lavoratori d'oltre confine superano i residenti del comune in cui lavorano. Per i rispettivi sindaci è una questione geografica fatta di equilibri da mantenere, ma anche un'occasione per indotti economici importanti

LUGANO - Sono circa 70 mila i lavoratori che, più o meno quotidianamente, varcano il confine per entrare in Ticino per lavoro. Un dato questo, noto ai più. Meno nota, forse, è la ripartizione di questi lavoratori sul territorio. La presenza di un'area industriale più o meno sviluppata, così come la distanza dai vari valichi doganali, giocano un ruolo di primo piano in questo smistamento del frontalierato in terra rossocrociata. Chi è forte di entrambi i requisiti, in alcuni casi, arriva ad avere più lavoratori d'oltre confine che cittadini. 

«Posizione privilegiata, ma delicata» - Un esempio è quello di Stabio. Il primo Comune ticinese entrando dalla dogana del Gaggiolo ha attualmente circa 4'600 abitanti. I frontalieri? 4.719.

«Vista la posizione geografica, tanto delicata quanto privilegiata, per Stabio non è una novità», spiega il sindaco Simone Castelletti. «Fatta questa premessa, occorre dire che, proprio per questo, il nostro territorio necessita di una costante attenzione al fine di mantenere gli equilibri tra le zone residenziali e industriali».

Equilibri che nel comune di confine, secondo il Municipio, sono per il momento assicurati: «Abbiamo un'ampia zona industriale destinata alle attività produttive e, di conseguenza, il frontalierato è sempre stato presente».

«Aiuti per mantenere gli equilibri» - Per Castelletti l’argomento non è per questo da accantonare: «Negli ultimi anni questo equilibrio sta mutando. Occorre tenere d'occhio questi flussi cercando al contempo di fornire degli aiuti concreti nel tentativo di limare il numero di disoccupati indigeni». In questo senso il comune di Stabio ha, a inizio anno, stanziato dei contributi per le aziende che privilegiano la manodopera residente. 

«Manodopera locale non sempre reperibile» - Anche il comune di Manno ha deciso di incentivare l’assunzione di personale residente. «Sono due anni che corrispondiamo alle aziende che assumono apprendisti, lo stipendio intero per il primo anno se questi sono di Manno. Altrimenti versiamo ciò che non corrisponde il Cantone se sono quantomeno domiciliati in Ticino», spiega il sindaco Giorgio Rossi.

Professioni poco attrattive - «Ciò nonostante - prosegue - per determinate professioni è difficile trovare manodopera locale. Ad esempio nel settore sanitario/infermieristico e di cure a domicilio, ma anche per professioni meno attrattive e che non richiedono particolari specializzazioni. Qui sono praticamente tutti frontalieri. È poi noto l’aumento di personale dall'Italia nel terziario, ma ciò spesso avviene perché il padronato vuole versare stipendi “svizzeri”». 

Quasi il doppio di frontalieri rispetto all'abitato - Proprio Manno, in Ticino, è una realtà singolare. A fronte di un abitato di circa 1’300 anime, occupa ben 2’450 frontalieri. Un numero, questo, che stupisce lo stesso sindaco: «Un paio di anni fa erano 1’800», spiega. Ma non lo preoccupa: «Manno, Bioggio e Cadempino sono un po’ il polo economico più importante del Cantone. Tra industrie e aziende domiciliate ci sono nomi di fama internazionale che danno lavoro a circa 5 mila persone». Quindi aggiunge: «Va detto che abbiamo diverse imprese di pulizia. Molti sono dipendenti, ma non lavorano a Manno, bensì nei luoghi il cui le società hanno un contratto di appalto. Si tratta comunque di 200/250 persone circa».

Per Rossi bisogna guardare ai due piatti della bilancia: «Il frontalierato riveste un peso importante dal lato finanziario se si considerano le imposte alla fonte che ci vengono riversate e dalle quali ricaviamo molto». «Dall'altra parte c'è il problema del traffico - aggiunge -. Da tempo siamo alla ricerca di soluzioni. La strada, da Gravesano a Ponte Tresa, si paralizza quotidianamente comportando per la popolazione un peggioramento della qualità di vita». 

Al vaglio ci sono diverse soluzioni: «Ci siamo affidati a una società esperta del settore e da oltre un anno stiamo contattando le aziende che occupano parecchio personale per cercare insieme delle soluzioni che possano ridurre i carichi di traffico. Da tre anni abbiamo fatto arrivare a Manno la linea 5 della TPL, molto sfruttata da chi si reca alla Supsi». Ulteriori miglioramenti? «Magari con l’arrivo del tram, chissà quando».

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