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Traffico di oro e argento per decine di milioni: «Il processo deve andare a Varese»

Nella prima udienza a Ferrara è stata presentata una eccezione di incompetenza territoriale. Il metallo prezioso entrava in Ticino per essere fuso
GUARDIA DI FINANZA
Fonte Media italiani
Traffico di oro e argento per decine di milioni: «Il processo deve andare a Varese»
Nella prima udienza a Ferrara è stata presentata una eccezione di incompetenza territoriale. Il metallo prezioso entrava in Ticino per essere fuso

FERRARA - Si è aperta all’insegna delle questioni procedurali l’udienza preliminare sul presunto traffico di oro e metalli preziosi da Ferrara alla Svizzera, attraverso valichi secondari ticinesi. Il motivo del contendere è stato l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla difesa del principale imputato, un imprenditore ferrarese di 61 anni, forte di una lunga esperienza nel settore dei preziosi. Secondo i legali, il procedimento non dovrebbe svolgersi a Ferrara ma a Varese, dato che una parte rilevante delle condotte contestate si sarebbe verificata a Viggiù, a due passi dal confine con il Canton Ticino. Una tesi sulla quale il Giudice dell'udienza preliminare Andrea Migliorelli si è riservato di decidere, rinviando ogni valutazione al prossimo 6 marzo.

L'indagine - L’inchiesta nasce da un’articolata indagine della Guardia di finanza, che ha portato alla luce un presunto traffico illecito di oro e argento per un valore complessivo stimato in oltre 26 milioni di euro. I reati ipotizzati, a vario titolo, spaziano dall’associazione a delinquere al commercio abusivo di preziosi, fino al riciclaggio. Le attività investigative, coordinate dal pubblico ministero Andrea Maggioni, avrebbero ricostruito l’esistenza di un sistema organizzato, con al vertice il 61enne, capace di muovere ingenti quantità di metalli senza alcuna tracciabilità.

Oltre 615 chili di metalli - Secondo gli inquirenti, l’imprenditore si sarebbe avvalso di una rete di intermediari dai quali acquistava preziosi di provenienza opaca, destinati poi a essere trasferiti oltreconfine, in Svizzera per l'appunto, per la fusione. Nel solo biennio 2022-2023, periodo finito sotto la lente delle Fiamme Gialle, sono stati recuperati oltre 615 chili tra oro e argento, per un valore di circa 220mila euro: materiali che, stando agli accertamenti, erano stati occultati in un pozzetto nel giardino dell’abitazione del principale imputato. Al confine ticinese inoltre i finanzieri hanno sequestrato circa 100mila euro in contanti rinvenuti a bordo di un’autovettura. Numeri che, per l’accusa, rappresenterebbero solo una parte dei profitti.

Il presunto modus operandi - Nel quadro accusatorio, il 61enne viene indicato come il promotore dell’associazione: a Ferrara avrebbe stabilito il luogo di stoccaggio sia dei preziosi raccolti, sia del denaro proveniente dal presunto traffico. Sarebbe stato inoltre lui a curare il trasporto dei metalli verso il confine, affidandoli poi a due coimputati incaricati di introdurli in territorio elvetico, mascherandone la reale provenienza. Sotto accusa anche chi avrebbe avuto il compito di individuare i fornitori dell’oro e una serie di imprenditori del settore, ritenuti responsabili di aver alimentato il flusso dei preziosi.

Da 25 a 14 - L’udienza si è chiusa così con un rinvio, ma anche con una prima scrematura delle posizioni processuali: un imputato è stato stralciato per la mancata effettuazione dell’interrogatorio, riducendo a quattordici il numero di persone che dovranno comparire davanti al giudice. In origine gli indagati erano 25. Otto di loro hanno scelto la strada del patteggiamento, mentre per gli altri diciassette la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio.

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