«Non parlo più di quella storia»

La 78enne Annalisa Cima, ultima musa di Montale, è deceduta venerdì all'ospedale Italiano. Il ricordo del marito e la questione degli autografi "misteriosi"
LUGANO - Era stata l'ultima musa di Eugenio Montale. E la curatrice di un discusso "Diario postumo" attribuito al poeta ligure, sulla cui autenticità la critica si è divisa in due. Annalisa Cima, poetessa e scrittrice italiana trapiantata Lugano, è deceduta venerdì sul Ceresio a seguito di una grave malattia. Aveva 78 anni.
L'annuncio della scomparsa è stato dato oggi dal marito Friedrich Glombik: il decesso non sarebbe avvenuto nella storica casa di Castagnola, dove risiedeva dagli anni '80, ma all'Ospedale Italiano. Qui la donna era stata ricoverata mercoledì, a seguito dell'aggravarsi di un problema di salute. «Per lungo tempo non ha voluto farsi ricoverare» ha raccontato il marito a tio.ch/20minuti. «Si è sempre rifiutata fino all'ultimo, i dottori l'hanno convinta quando era ormai troppo tardi».
Cima era nata Milano il 20 gennaio del 1941, da una famiglia di industriali lecchesi. Aveva esordito come pittrice nel 1965 a Venezia; seguirono molte mostre in Svizzera, Brasile, Usa e in Giappone. Tante le frequentazioni nel mondo dell'arte e della letteratura: da Akira Kurosawa a Max Ernst, a Pablo Picasso.
È del 1968 l'amicizia con Eugenio Montale, un sodalizio che durò 13 anni, fino alla morte del premio Nobel. Nel 1986 durante una conferenza all'hotel Splendid di Lugano, Cima rivelò che l'anziano poeta le aveva lasciato 84 liriche inedite. Negli anni successivi non mancarono le critiche, specie dopo la pubblicazione del cosiddetto "Diario Postumo" di Montale, nel 1996, curato dalla ex musa. Autorevoli voci nel mondo accademico si schierarono pro e contro l'autenticità delle poesie.
Ora, la scomparsa della poetessa sembra riaprire il dibattito. Il Corriere della Sera parla di un «mediocre falso» e sottolinea come Annalisa Cima non avesse reso accessibili gli autografi del poeta, per una verifica. «I dubbiosi - scrive il quotidiano di via Solferino - hanno buone ragioni per rimanere ancora più dubbiosi».
Osservazioni a cui il marito Glombik risponde piccato: «Abbiamo vissuto insieme una vita, mi sarei accorto se mia moglie avesse scritto un falso». E sulla questione degli autografi «non è vero che non sono stati mostrati. Abbiamo una perizia di un'autorevole grafologa, e abbiamo organizzato una presentazione pubblica». Sulle volontà testamentarie della Cima in merito, Glombik non si sbilancia: «Non sono a conoscenza di particolari disposizioni, e personalmente non vorrei più parlare di questa storia». Il mistero, probabilmente, è destinato a rimanere tale.




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