La difesa: «Lei non c’entra, va assolta»

I legali della 39enne accusata di correità nel delitto di Monte Carasso ne chiedono l’integrale proscioglimento
LUGANO - «Quel 19 luglio del 2016 lui non ha più visto una via d’uscita. Lui ha deciso di uccidere l’ex moglie». Così la difesa della cittadina russa di 39 anni a processo alle Criminali per il delitto di Monte Carasso, che chiede «l’integrale proscioglimento della donna dall’accusa di correità in assassinio». Come pure dal reato di denuncia mendace, consumata e tentata.
L’imputata, lo sostiene l’avvocato Luisa Polli, non sarebbe coinvolta nel fatto di sangue verificatosi il 19 luglio 2016 nel Bellinzonese. Il gesto sarebbe da attribuire unicamente al marito 49enne, che secondo la difesa covava già da tempo un rancore di carattere economico nei confronti dell’ex moglie. «La 39enne arrivata dalla Russia non può essere considerata come fattore scatenante dell’uccisione».
L’egoismo del marito - Anzi, l’avvocato Yasar Ravi - sempre in difesa della donna - afferma inoltre che l’uomo avrebbe agito con egoismo. «Nonostante la situazione debitoria in cui versava, ha fatto venire dalla Russia la 39enne con le sue due figlie. Ha mentito sulle sue condizioni economiche».
«Lui non è credibile» - Il legale si sofferma quindi sulla chiamata in correità della donna, che è giunta da parte del 49enne due mesi dopo la prima confessione, nonché dopo l’arresto della moglie. «La chiamata di un correo deve essere credibile, spontanea, disinteressata, lineare e costante» afferma Ravi, sottolineando che questi presupposto in questo caso non sarebbero però dati. In particolare parla di mancanza di credibilità dell’imputato, «che racconta tutto e il contrario di tutto».
Ora la parola passa all’avvocato Pietro Croce, difensore del 49enne.




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