Ümit Y. è il primo presunto sostenitore dell'Isis a finire nelle carceri ticinesi. Il direttore Laffranchini: «Pronti a gestire il rischio di reclutamenti»
LUGANO - La stanza è isolata dalle altre. Letto, scrivania e un citofono: oltre una porta blindata c'è un wc e un'altra porta, da cui si accede a un giardino videosorvegliato. I detenuti la chiamano la “cella blu”, per il colore delle pareti: ma in futuro forse sarà ricordata come la “cella dello jihadista”. È qui infatti, al pian terreno della Stampa – e non alla Farera, come di norma per i detenuti sotto inchiesta – che si è deciso di collocare il primo detenuto filo-jihadista nella storia delle carceri ticinesi. Umit Y., il 32enne svizzero-turco arrestato mercoledì con l'accusa di essere un reclutatore dell'Isis (vedi sopra) è un caso «speciale» e richiede «misure speciali» spiega il direttore Stefano Laffranchini, contattato da tio.ch-20minuti. «Si tratta di una novità per noi – aggiunge – ma ci siamo organizzati per l'evenienza, sulla scorta di esperienze all'estero dove il proselitismo è degenerato».
Teme le scene viste in alcune carceri europee, dove i detenuti festeggiano a ogni notizia di attentato?
«Il rischio di radicalizzazione in carcere non è da sottovalutare. Qui l'80 per cento dei detenuti sono stranieri. Di questi circa una ventina sono musulmani, e hanno il diritto di esercitare il proprio culto in carcere. Per un reclutatore, è l'ambiente ideale in cui cercare proseliti».
E come lo impedirete?
«L'isolamento è consentito per motivi di sicurezza dall'articolo 42 del regolamento carcerario. Durante le indagini, il detenuto avrà contatti solo con gli agenti di custodia, il suo avvocato e gli inquirenti».
Ma l'isolamento non può essere definitivo.
«Valuteremo la sua condotta. In caso di condanna, abbiamo previsto intanto di collocarlo in una sezione ristretta assieme a 15 detenuti “protetti”. Avrà accesso alla palestra, alla formazione e alle attività sportive. Si tratta di un gruppo di detenuti separati dagli altri per motivi di sicurezza (perché ritenuti «infami» o condannati per reati su minori, ndr.) tra cui nessun musulmano. La gestione potrebbe diventare più complessa, qualora dovessero essere arrivare in futuro altri detenuti jihadisti. Ma ci faremo trovare pronti».