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"Cavie umane", Cross Research SA: "Grazie ai nostri test molti farmaci sono arrivati sul mercato"

Oltre l’aspetto scandalistico per scoprire quali sono i pericoli dietro ai test sugli esseri umani
"Cavie umane", Cross Research SA: "Grazie ai nostri test molti farmaci sono arrivati sul mercato"
Oltre l’aspetto scandalistico per scoprire quali sono i pericoli dietro ai test sugli esseri umani
LUGANO – Tra i reclutatori di “cavie umane”, ossia di volontari sani che prestano il proprio corpo alla ricerca scientifica in cambio in cambio di soldi, ma solo dopo essere stati informati su tutti gli aspetti della ricerca, v...

LUGANO – Tra i reclutatori di “cavie umane”, ossia di volontari sani che prestano il proprio corpo alla ricerca scientifica in cambio in cambio di soldi, ma solo dopo essere stati informati su tutti gli aspetti della ricerca, vi è anche la Cross Research SA, una società attiva ad Arzo. “Cross Research SA ha iniziato ad operare in Canton Ticino nel lontano 1997. In 13 anni di attività sono state condotte quasi 250 sperimentazioni che hanno coinvolto migliaia di volontari. Molti farmaci sono arrivati sul mercato grazie agli studi condotti presso di noi. Questi test sono però solo una parte della nostra attività” ci spiega dr. Mario Corrado, membro del gruppo di "Quality Assurance" italiano GIQUAR nonché membro del gruppo di Q.A. britannico (BARQUA).

Di quali tipologie di farmaci si tratta?
“Prevalentemente trattiamo nuove formulazioni di farmaci noti, ma meno di frequente testiamo anche prodotti innovativi a patto che non ci siano indicazioni di un potenziale rischio per i soggetti coinvolti”.

In quale fase della sperimentazione si trovano i farmaci da voi testati?
“Tutti questi studi vengono considerati studi di Fase I (da leggersi prima o "uno") dato che gli studi fase Fase II coinvolgono principalmente pazienti, ovvero soggetti affetti da una determinata patologia”.

Quali sono i rischi ricollegabili a questa fase del test?
“Se il farmaco oggetto di studio contiene un principio attivo noto i rischi sono praticamente sovrapponibili a quelli di assumere un qualsiasi farmaco del commercio ovvero estremamente bassi, qualora il farmaco contenga invece un principio attivo di tipo innovativo, c'è un rischio seppur minimo di reazioni avverse. Ovviamente, in questo secondo caso, ci sono rigorose norme internazionali che stabiliscono le dosi di partenza sulla base dei dati raccolti negli studi sugli animali. Le dosi di partenza sono sempre bassissime e vengono aumentate solo in modo molto graduale e controllato; la sicurezza dei soggetti è sempre l'aspetto più importante”.

Come avvengono i reclutamenti di volontari? A quanto ammontano i compensi?
“Il reclutamento dei volontari avviene unicamente dopo l’approvazione dello studio che si intende fare da parte di tutti gli organismi preposti e può avvenire attraverso diversi canali. Nel nostro caso la Cross Research recluta i volontari sani principalmente per mezzo del ‘passaparola’ e della presenza di avvisi sul nostro sito internet. Il compenso varia in relazione al tempo dedicato alla sperimentazione, si valutano i giorni e le notti di degenza o il numero di visite anche ambulatoriali alle quali ci si dovrà sottoporre; si parte da 500 CHF per arrivare in casi eccezionali a 3-4'000 Franchi Svizzeri, ma la media dei nostri studi non supera i 1'500 CHF di compenso. È giusto precisare però che prima di cominciare qualsiasi test il volontario viene informato su ogni aspetto della sperimentazione, sia per iscritto, sia a voce”.

Con quale frequenza un volontario può testare un farmaco?
“In Svizzera devono passare 3 mesi tra l'ultimo giorno di trattamento con il farmaco X ed il primo giorno di screening per il nuovo prodotto; in sostanza è quasi impossibile fare più di 3 studi all'anno. Vi sono realtà Europee dove tale limite è di soli 30 giorni (es. Austria) pertanto in questo senso la Svizzera si può definire conservativa su questo (come su altri) aspetti”.

Settimana scorsa la trasmissione “Le Iene” ha mandato in onda un servizio nel quale alcuni ricercatori di farmacologia hanno affermato che non farebbero mai le cavie. Come si spiega la reticenza degli specialisti e la disponibilità delle cavie?
“Fare il volontario è senza dubbio una scelta personale, tuttavia tra i nostri volontari annoveriamo molti operatori del settore (medici, farmacisti, biologi, infermieri o studenti delle suddette facoltà scientifiche) ed io stesso nel corso dei miei anni di studio ho fatto il volontario in alcuni studi clinici di Fase I. In merito alla trasmissione citata, ci sembra che si sia voluto privilegiare l'aspetto scandalistico rispetto a quello scientifico, non per nulla i cosiddetti ‘ricercatori’ sono stati mostrati con il volto coperto e senza specificare dove lavorino. L'impressione è che fossero persone inesperte in questo specifico settore tanto che diverse affermazioni da loro fatte sono inesatte. Ad esser sinceri non conosciamo nessun ricercatore di una certa rilevanza che metta in dubbio la necessità scientifica ed etica della sperimentazione clinica”.

Esisterebbero alternative praticabili?
“Per quanto concerne le alternative praticabili è davvero difficile a dirsi, noi riteniamo che la conduzione di questi studi in Paesi occidentali, sia uno dei baluardi che difendono la sicurezza e  l'efficacia dei prodotti medicinali attualmente in commercio, ed il percorso di sviluppo dei farmaci al giorno d'oggi è ben regolamentato e strutturato. In aggiunta, se non ci fossero studi di Fase I, sarebbe necessario sperimentare i farmaci direttamente sui malati, senza nessuna informazione sulla loro sicurezza nell'uomo e con gli eventuali rischi del caso trattandosi di individui con il fisico già in parte provato dalla malattia”.


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