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Il boss della mafia turca: «In Svizzera abbiamo i fucili d'assalto e mitragliatrici»

SVIZZERAIl boss della mafia turca: «In Svizzera abbiamo i fucili d'assalto e mitragliatrici»

22.05.24 - 15:33
Misure cautelari in carcere: nella lista degli inquirenti italiani anche quattro cittadini turchi residenti nella Confederazione.
Polizia Stato
Il boss della mafia turca: «In Svizzera abbiamo i fucili d'assalto e mitragliatrici»
Misure cautelari in carcere: nella lista degli inquirenti italiani anche quattro cittadini turchi residenti nella Confederazione.

WINTERTHUR - Nella vasta operazione di polizia contro la mafia turca sono stati colpiti dalle misure cautelari in carcere anche quattro cittadini turchi residenti in Svizzera, nello specifico nel canton Zurigo, nel canton Basilea Campagna e nel canton Argovia.

Il "gorilla" del boss - Nello specifico, un 44enne è considerato il guardaspalle di Baris Boyun, presunto boss della mafia anatolica e arrestato questa mattina a Viterbo. L’uomo, stando alle accuse degli inquirenti, si occupava, fra le altre cose, di mettere a disposizione dell'organizzazione auto, armi, denaro e cellulari. Non solo, si “prendeva cura” dell’ingresso clandestino dei propri connazionali facendo la spola fra la Svizzera e i Balcani. In particolare Sarajevo, Mostar e il Kosovo.

Le perquisizioni nei cantoni di Argovia e Zurigo - Secondo informazioni del Ministero pubblico della Confederazione (MPC) perquisizioni domiciliari sono state effettuate nei cantoni di Argovia e Zurigo. Il MPC ha indicato a Keystone-ATS di aver effettuato le perquisizioni domiciliari nell'ambito di una richiesta di assistenza giudiziaria proveniente da Milano con il supporto della polizia federale (fedpol) e delle polizie cantonali di Zurigo e Argovia.

L'arresto di ottobre - L’operazione, come ricordato, era partita dall’arresto, nell’ottobre dello scorso anno, di tre cittadini turchi, tutti provenienti dalla Svizzera, da parte della squadra volante della questura comasca. Gli uomini nascondevano bordo di una Honda con targhe zurighesi due pistole, una “GLOCK” calibro 9 e una “SIG-SAUER” calibro 9 con i relativi caricatori riforniti, una confezione di ulteriori munizioni, un gilet antiproiettile e un quantitativo pari a quasi 70 grammi di marijuana. Si scoprì, in seguito, che il terzetto costituiva la scorta armata del boss.

Il passaggio dalla dogana di Chiasso - Come ricostruito dalle forze dell’ordine, con una Volvo con targhe zurighesi i tre uomini erano partiti da Crotone il giorno prima. Al momento del fermo, il terzetto era a bordo di una Honda (sempre con targa di Zurigo), uscito dalla dogana di Chiasso poco prima. La stessa sera, l’auto blindata di Boyun farà la spola dall’Italia alla Svizzera molte volte, per poi arrivare fino a Berlino dove si perderanno le sue tracce.

I traffici - Stando all’incarto, nel territorio elvetico si troverebbe un’altra base logistica dell’organizzazione. Non solo: il boss avrebbe più volte sottolineato d’avere a disposizioni «armi pesanti in Svizzera», fra cui «M16 e UZI». In un'intercettazione, l'uomo, uno dei più ricercati da Ankara, si vanta di avere a disposizione un ampio arsenale, con tanto di kalashnikov e bombe a mano. A marzo di quest'anno, stando a quanto riporta l'ordinanza firmata dal gip, «sostiene di gestire tutto il mercato tedesco e di poter vendere anche in Svizzera».

L'inchiesta - L'ordinanza di misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Milano è rivolta a 19 soggetti turchi dimoranti in Svizzera, in Italia, in Germania e in Turchia, indagati, a vario titolo, per associazione per delinquere aggravata anche dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un’associazione con finalità terroristiche e a commettere attentati terroristici, quindi detenzione e porto illegale di armi “micidiali” e di esplosivi, traffico internazionale di stupefacenti, omicidio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Coinvolti centinaia di agenti - L'operazione ha coinvolto centinaia di poliziotti tra la Svizzera e l’Italia tra cui personale della Squadra Mobile di Como, del Servizio Centrale Operativo di Roma, della Sezione Investigativa S.C.O. di Milano e di Brescia, delle Squadre Mobili di Catania, Crotone, Verona, Viterbo, delle Unità Operative di Primo Intervento (U.O.P.I.), del Reparto Prevenzione Crimine “Lazio” e “Lombardia”, della Guardia di Finanza di Milano e Roma, delle unità cinofile di Roma, il l° reparto Volo di Roma e della Polizia Scientifica delle città interessate.

Il modus operandi - Il presunto boss, dal luogo degli arresti domiciliari continuava a dirigere e coordinare dall’Italia il sodalizio criminale, coordinando «il trasporto dei migranti» e definendo «le tariffe della tratta». L'uomo ha ordinato anche l'omicidio di un cittadino turco a Berlino (avvenuto il 10 marzo)e l'attentato a una fabbrica di alluminio in Turchia (fallito).

I soldi - L'organizzazione può contare su molto denaro «proveniente per lo più dal traffico di sostanza stupefacente ma anche dal contrabbando delle sigarette e di farmaci». I flussi, stando alla ricostruzione delle Fiamme Gialle meneghine, provengono dall’estero (per lo più dalla Turchia) attraverso vari canali (Western Union, TOKEN ma anche apertura di conti correnti ordinari) per poter poi disporne per lo più “in contante” per pagare gli avvocati e per sostenere le attività dell’organizzazione.

Boyun ha sempre sostenuto di essere in realtà un perseguitato politico curdo e, in passato, aveva già chiesto protezione internazionale all'Italia.

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