Il rocambolesco, e lunghissimo, processo a un informatico 63enne residente nel canton Zurigo si è concluso con una pena pesante.
ZURIGO - Se il reato che ha portato un 63enne ticinese in tribunale in quel di Zurigo ha davvero dell'incredibile, il procedimento penale che ha poi fatto seguito non è stato da meno.
Come scrive la NZZ il processo all'uomo, che doveva rispondere di una lunga serie di imputazioni gravi, «ha portato il sistema della giustizia penale al limite della sua funzionalità». Alla fine però, dopo 3 anni, si è arrivati a un verdetto di colpevolezza
Ma riavvolgiamo il nastro al 2002 quando l'uomo si era recato agli uffici del Ministero pubblico dopo che l'allora compagna lo aveva denunciato. «Se lasci morire anche questa pianta, io ti ammazzo», le aveva detto l'informatico che si era poi presentato agli uffici dell'MP.
Con la procuratrice responsabile del caso è poi nato un diverbio al culmine del quale lui l'ha spinta a terra e l'ha colpita ripetutamente, ferendola al volto. Quando - sentendo le urla - è intervenuta un'agente di polizia, il ticinese ha finito per picchiare anche lei.
Il 63enne si è poi dato alla fuga, riuscendo a imboccare l'uscita d'emergenza ma finendo per essere bloccato da tre altri agenti. Durante la colluttazione, e prima del fermo definitivo, è comunque riuscito a impossessarsi di una delle armi di servizio (con il colpo in canna).
«A causa di quel fermo muscoloso, il mio cliente ha riportato permanenti problemi alla schiena», ha spiegato il suo avvocato difensore.
Dolori, questi, che sono poi diventati una delle principali cause dei ritardi processuali: a causa degli stessi, infatti, l'uomo non poteva rimanere a lungo in aula dove veniva accompagnato con una barella. Le battute finali del processo si sono tenute con lui collegato in remoto, da una stanza adiacente.
Alla fine è stato ritenuto colpevole di tentate lesioni gravi, ripetute lesioni semplici, ripetute violenze e minacce nei confronti delle autorità e funzionari così come di messa in pericolo della vita altrui.
Pesante la condanna: 45 mesi di reclusione e 30 aliquote giornaliere da 30 franchi (queste sospese). Alla procuratrice ferita dovrà invece risarcire 5'000 franchi e 500 alla poliziotta così come le spese processuali di entrambe, che ammontano a 31'000 franchi. È stato inoltre diffidato per 5 anni dagli uffici del Ministero pubblico.
Al momento del verdetto aveva già scontato 964 giorni di carcere durante i quali aveva anche aggredito, a colpi di stampella, una guardia carceraria.
La decisione del giudice - anche un po' a sorpresa - va oltre la richiesta dei 39 mesi chiesti dall'accusa che aveva però chiesto anche il ricovero in una struttura psichiatrica.
Un'eventualità, questa, che è stata negata perché il 63enne si è ripetutamente rifiutato di essere sottoposto a perizia anche in presenza «di un disturbo mentale evidente», riporta il fascicolo.